
Leggendo sui social ed udendo ragionamenti andando in giro, questa volta l’argomento di cui parlo è la PACE. Le frequenti domande che circolano, le posso racchiudere in tre che per definizione è il “numero perfetto”.
1-È difficile coltivare la pace? 2-
Esistono segnali di pace? 3
-Chi vuole veramente la pace?
In modo estremamente obiettivo provo, come sempre apportare un modesto contributo.
Coltivare la pace è molto difficile perché implica un impegno costante, il superamento e la gestione di paure, sofferenze e divisioni profonde.
La pace non è solo assenza di guerra, ma un lavoro quotidiano che richiede coraggio rivoluzionario, dialogo serio, diplomazia autentica, e un impegno che parte dal cuore delle persone, specialmente nei contesti più dolorosi e segnati da conflitti.
Le difficoltà principali risiedono nel fatto che coloro che vivono in situazioni di guerra spesso provano paura, dolore e sfiducia, e questo rende arduo tessere reti di dialogo e riconciliazione.
Inoltre, c’è la sfida di superare non solo le ostilità esterne ma anche la violenza interiore che si annida in pregiudizi, egoismo, indifferenza e paura, emozioni che alimentano i conflitti.
La pace è un “giardino da coltivare ogni giorno”, che necessita di attenzione, dialogo, apertura mentale e volontà di costruire insieme, nonostante le difficoltà e le divisioni.
Non vedo segnali di pace concreti, ma spesso si tratta di passi graduali e di innovazioni sociali che mirano a trasformare i conflitti senza arrivare a guerre aperte.
La costruzione della pace viene vista come un processo complesso che richiede il cambiamento di mentalità, istituzioni e pratiche sociali, come il disarmo, il dialogo interculturale, l’accoglienza dei profughi e il boicottaggio di imprese che finanziano la guerra.
È necessario aprire nuovi processi di dialogo internazionale, sottolineando l’importanza di atti concreti di pace. Nel dibattito filosofico e politico, si distingue tra pace “negativa” (assenza di guerra o violenza diretta) e pace “positiva” (assenza di violenza strutturale e presenza di giustizia sociale), ed entrambi gli aspetti sono importanti per valutare i segnali di pace reali.
Praticamente i segnali concreti di pace esistono, ma sono spesso il frutto di un lavoro costante di innovazione sociale e impegno collettivo più che di eventi improvvisi o trattati di pace immediati.
Chi vuole veramente la pace deve manifestarlo non a chiacchiere ma con azioni concrete, e spesso ciò implica una volontà politica chiara e una capacità di negoziare soluzioni durature, anche a livello sovranazionale.
Spesso però, mancano volontà e capacità politiche condivise, e ci sono attori che preferiscono alimentare la guerra per ragioni di interesse politico o strategico.
In buona sostanza chi vuole veramente la pace è chi cerca soluzioni reali, negoziate, e durature che comportano compromessi e superano gli interessi di breve termine, mentre chi la vuole solo a parole o la alimenta indirettamente con la guerra non può dirsi fautore autentico della pace.
Allora, pace pace pace pace!!!!