De Ficchy Giovanni
La Questione delle Trattative sul Conflitto Russia-Ucraina: Buona Fede e Garanzie di Sicurezza

La questione delle trattative riguardanti il conflitto Russia-Ucraina, un conflitto che potremmo definire come la proditoria e totalmente immotivata invasione della Russia dell’Ucraina, si presenta come un tema centrale nel dibattito geopolitico contemporaneo.
In questo contesto, emerge con forza l’importanza della buona fede delle parti coinvolte, nonostante le evidenti divergenze. Tuttavia, mi permetto di esprimere un forte scetticismo riguardo alla buona fede di Vladimir Putin.
La mia convinzione è che egli non consideri l’indipendenza dell’Ucraina come un valore da rispettare, ma piuttosto come un obiettivo da perseguire, convinto che quei territori debbano rientrare sotto l’egida russa.
Putin ha più volte ribadito, in varie forme e occasioni, la sua visione di un’Ucraina da recuperare, una visione intrisa di una narrativa storica e culturale che nega l’esistenza di un’indipendenza ucraina autentica e duratura.
Per il presidente russo, l’invasione non è solo una questione militare, ma una questione di identità nazionale e di legittimità storica.

Purtroppo, la sola impossibilità materiale di attuare i suoi piani potrebbe impedire una completa annessione dell’Ucraina, mentre la nostra voglia di pace rappresenta per lui un potere contrattuale più che un segno sincero di desiderio di conciliazione.
Sottolineo l’importanza cruciale delle garanzie di sicurezza nel contesto di qualsiasi futura negoziazione di pace.
È fondamentale fornire garanzie granitiche e inattaccabili all’indipendenza e sovranità dell’Ucraina.
Non possiamo ignorare che la questione dei territori occupati possa influenzare il risultato finale; tuttavia, la priorità deve rimanere la creazione di un quadro di sicurezza che prevenga ulteriori aggressioni.
Chiunque discuta della possibilità di una pace duratura senza affrontare esplicitamente l’aspetto delle garanzie di sicurezza corre il rischio di trovarsi nella posizione ridicola di discutere su questioni marginali mentre la nave affonda.
In quest’ottica, le recenti critiche di alcuni leader europei, come quelle espresse da Giuseppe Conte, risultano particolarmente preoccupanti.
Le sue affermazioni, che denotano una certa qual indifferenza nei confronti delle proposte di garanzie di sicurezza, sembrano giocare a favore di una narrazione che trascuri la reale minaccia russa.
È opportuno ricordare che Sergei Lavrov, il ministro degli esteri russo, ha chiarito recentemente che le garanzie di sicurezza devono coinvolgere la Russia.

Questo approccio non è altro che un tentativo di minare ulteriormente la sovranità ucraina, mettendo in discussione la capacità di proteggere l’Ucraina dall’aggressione nel momento in cui essa dovesse nuovamente verificarsi.
La richiesta di Lavrov di includere la Russia come garante del processo di sicurezza è paragonabile al lupo che chiede di vigilare sul gregge.
E sebbene il messaggio di Lavrov possa sembrare comico, la sua gravità deriva dalla realizzazione che esso rifletta una totale mancanza di buona fede da parte del governo russo.
Inoltre, la stampa italiana ha dedicato poca attenzione a questa dichiarazione di Lavrov, una scelta che potrebbe avere conseguenze negative nel formare l’opinione pubblica riguardo le reali intenzioni della Russia.
Non dovrebbe sorprendere il fatto che figure come Witkoff e Trump, dopo incontri con Putin, siano state inclini a credere che ci siano aperture alle garanzie internazionali da parte russa.
Tali illusioni potrebbero portare a un crollo delle aspettative riguardo un dialogo costruttivo, qualora si cedesse su questi punti cruciali.

In conclusione, è fondamentale che le garanzie di sicurezza, seppur complesse e difficili da formulare, prevedano chiaramente la possibilità di un intervento militare in caso di aggressione russa.
Questo è il nodo centrale: senza una deterrenza credibile, ogni discussione di pace rischia di diventare un mero esercizio di stile, mentre la vera questione è la protezione della sovranità ucraina.
La storia ci ha insegnato che le buone intenzioni non possono sostituirsi a misure concrete di deterrenza e difesa.
L’impatto delle scelte fatte ora potrebbe determinare non solo il destino dell’Ucraina, ma anche quello dell’intera Europa.
Ribadisco: è importante comprendere che fare pace richiede la volontà di entrambe le parti, mentre la guerra può scaturire anche solo da una delle due.
Pertanto, un approccio realistico e pragmatico alla questione delle garanzie di sicurezza non è solo desiderabile, ma necessario per garantire la stabilità regionale nel lungo termine.

Giovanni De Ficchy
Direttore editoriale di diverse testate , è un analista politico, specializzato in relazioni internazionali, politiche pubbliche, comunicazione politica e sistemi elettorali.
Direttore del Centro Studi Strategici “Libertè Cherie APS“, ha recentemente pubblicato “L’ombra del dagone”, e “Groenlandia il sogno imperiale di Donald Trump”