De Ficchy Giovanni


Nella complessa e tumultuosa scena politica latinoamericana, Nicolás Maduro emerge come una figura enigmatica, intrappolata in una dimensione sospesa.
Da anni governa un Paese devastato da crisi economiche, sociali e politiche, eppure pare rimanere saldo al suo posto, sfidando la logica che caratterizza le normali dinamiche di potere.
Questa analisi intende esplorare il paradosso della sua permanenza al potere, evidenziando le dinamiche sottese alla sua leadership e il contesto in cui si sviluppa.
La Realtà Venezolana

Dal momento in cui Maduro è salito alla presidenza nel 2013, il Venezuela ha affrontato una serie di sfide che hanno messo a dura prova il tessuto sociale ed economico del Paese.
L’inflazione galoppante ha ridotto la valuta nazionale a un’ombra di se stessa, rendendo impossibile per le famiglie soddisfare le proprie esigenze quotidiane. Il collasso delle istituzioni e l’emigrazione di massa, che ha visto milioni di venezuelani abbandonare il Paese in cerca di opportunità, sono elementi che attestano il drammatico deterioramento della situazione.
L’amministrazione Maduro ha cercato di mantenere un certa narrazione di stabilità
Attraverso una combinazione di propaganda, repressione e controllo, il regime ha costruito una facciata di legittimità che, tuttavia, è ben lungi dall’essere reale.
Le vittorie proclamate sui media e il discorso ottimista su un futuro radioso cozzano violentemente con la realtà quotidiana dei cittadini.
La Sopravvivenza Tecnica del Regime
La posizione di Maduro non può essere attribuita a una leadership carismatica o a un forte sostegno popolare.
Piuttosto, si basa su meccanismi di controllo che sfiorano il totalitarismo. La cooptazione del potere militare è stata fondamentale nel garantire la sua sopravvivenza.
Le forze armate, una volta potenzialmente critiche nei confronti del regime, sono state trasformate in un bastione della sua autorità, attraverso la distribuzione di risorse e privilegi.

La repressione sistematica del dissenso e la manipolazione dei processi elettorali hanno, inoltre, creato un contesto in cui oppositori politici e attivisti si trovano costantemente sotto attacco.
Questi artifici non solo rallentano il naturale processo democratico, ma contribuiscono anche all’instaurazione di un’atmosfera di paura che scoraggia qualsiasi forma di contestazione.
Una Popolazione in Limbo
Mentre Maduro si aggrappa al potere, la popolazione vive una realtà complessa e dolorosa.
Le carenze di beni essenziali come cibo, medicine e acqua sono ormai parte integrante della vita quotidiana.
Gli utenti dei servizi pubblici, fra cui elettricità e acqua potabile, si ritrovano a dover affrontare interruzioni continue e una qualità sempre più scadente.
La normalizzazione di tali carenze crea un paradosso inquietante, in cui la sofferenza diventa routine, ma la speranza per un cambiamento significativo rimane viva solo nel cuore di pochi.
La frattura sociale si amplifica ulteriormente.
Coloro che riescono a scappare dal Paese raccontano storie di disperazione, mentre chi rimane si trova spesso isolato e impotente di fronte a un governo indifferente.
Questa divisione crea un clima di conflitto interno, aumentando l’instabilità e la tensione sociale.
Il Ruolo di Maduro sulla Scena Internazionale
Il procuratore generale degli USA Pam Bondi: “Maduro deve essere estratto perché paghi la sua condanna in una prigione negli USA.
Questa non è una presidenza legittima, Nicolas Maduro è un narcotrafficante e deve essere portato negli USA per affrontare la giustizia.
Trenta ex leader iberoamericani hanno chiesto al procuratore della Corte penale internazionale (CPI) di “arrestare e detenere immediatamente” il presidente venezuelano Nicolás Maduro, il suo vice Diosdado Cabello e l’intera catena di comando del Paese.
“Per la prima volta, 31 ex presidenti, ex capi di Stato latinoamericani e spagnoli, hanno firmato un documento (…) che chiede l’arresto e la detenzione immediati di Nicolás Maduro, Diosdado Cabello e dell’intera catena di comando in Venezuela”, ha dichiarato , l’ex presidente colombiano Andrés Pastrana.
Pastrana, che ha presentato una memoria legale di sei pagine alla Procura della Corte a nome dei firmatari, ha dichiarato a EFE.
Altri firmatari includono gli spagnoli Felipe González, José María Aznar e Mariano Rajoy; così come i colombiani Álvaro Uribe e Ivan Duque; l’argentino Mauricio Macri; il messicano Vicente Fox; e il boliviano Carlos Mesa.
“È importante sottolineare che Felipe González, José María Aznar e Mariano Rajoy hanno firmato la petizione in Spagna. L’unico ex presidente che non l’ha firmata è (José Luís Rodríguez) Zapatero”, ha sottolineato Pastrana dopo l’incontro con il team del procuratore Karim Khan presso la sede della CPI.
“Violazioni diffuse dei diritti umani”

I firmatari, che fanno parte dell’Iniziativa Democratica di Spagna e delle Americhe (IDEA-Democrática), hanno denunciato nel loro rapporto legale “violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani”, tra cui “crimini contro l’umanità”, da parte del regime venezuelano di Nicolás Maduro, che accusano di “terrorismo di Stato”.
Questa denuncia, che si estende ai membri dell’esercito venezuelano in quanto sostenitori fondamentali del regime di Maduro, si aggiunge al caso aperto contro il Venezuela presso la CPI nel 2021.
Nel novembre dello stesso anno, il procuratore della CPI aprì un’indagine formale contro il Venezuela dopo aver esaminato le denunce di Perù, Argentina, Canada, Colombia, Cile e Paraguay, che sostenevano che nel Paese erano stati commessi crimini contro l’umanità a partire dal 12 febbraio 2014.
Per ora, l’indagine è stata condotta contro il Venezuela e non contro alcun alto funzionario del paese latinoamericano.
Nel contesto internazionale, quindi, Maduro è diventato una figura ambivalente.
Nonostante le sanzioni e le pressioni esercitate da molti Paesi occidentali, la sua figura continua a suscitare un mix di resistenza e fallimento.
Per alcuni, rappresenta la lotta contro l’interferenza straniera, mentre per altri è l’incarnazione di un fallimento politico che impregna il continente.
Gli sforzi per rovesciare il regime sono stati ostacolati da un apparato diplomatico che fatica a trovare una strategia efficace per affrontare la situazione.
La comunità internazionale, pur manifestando innumerevoli dichiarazioni di solidarietà verso il popolo venezuelano, sembrava impotente nel modificare l’esistenza di Maduro.
Dall’invasione di Panama nel 1989, gli Stati Uniti non hanno dispiegato nella regione così tante risorse militari come hanno iniziato a fare nelle ultime settimane.
Sebbene nei tre lunghi decenni trascorsi da questa operazione, culminata nel rovesciamento e nella cattura del dittatore Manuel Antonio Noriega, Washington abbia utilizzato le sue forze del Comando Sud per stabilire una presenza nella regione, contribuire alla lotta contro il narcotraffico e rispondere ai disastri naturali, la portata di quest’ultima spinta è senza dubbio di un altro livello.
Questo fine settimana, il Pentagono ha confermato l’impiego dell’Iwo Jima Amphibious Ready Group, che comprende la nave d’assalto anfibia USS Iwo Jima, la nave da trasporto anfibia USS San Antonio e la nave da sbarco USS Fort Lauderdale.
Il gruppo di Assalto Anfibio dei Marines capitanato dalla USS Iwo Jima (LHD-7), con al seguito la USS Fort Lauderdale (LPD-28) e la USS San Antonio (LPD-17), è salpato da Norfolk sarà in zona operativa tra circa 7 giorni nei Caraibi meridionali.

Conclusione
Nicolás Maduro rappresenta un paradosso inquietante: una figura non pienamente presente nel panorama politico, né completamente assente.
La sua esistenza e la sua permanenza sembrano riflettere un’interminabile attesa per un cambiamento che non accade.
La sua leadership, ancorata a pratiche di sopravvivenza tecnica e a una sorta di inerzia, continua a esercitare un’influenza negativa sull’intero Paese, intrappolando il Venezuela in un limbo difficile da superare.
Nei prossimi anni, la questione di come liberarsi di questo stato di stallo sarà cruciale tanto per il benessere del popolo venezuelano quanto per la stabilità regionale.
È fondamentale continuare a mettere in discussione il regime e sostenere gli sforzi per il cambiamento, tenendo sempre presente che la vera rinascita del Paese dipenderà dalla capacità di riconciliare la società e di ripristinare le istituzioni democratiche che oggi giacciono in una condizione di profonda crisi.
Giovanni De Ficchy
Direttore editoriale di diverse testate , è un analista politico, specializzato in relazioni internazionali, politiche pubbliche, comunicazione politica e sistemi elettorali.
Direttore del Centro Studi Strategici “Libertè Cherie APS“, ha recentemente pubblicato “L’ombra del dagone”, e “Groenlandia il sogno imperiale di Donald Trump”