De Ficchy Giovanni



Che brutti tempi, viviamo. Un’epoca in cui il buon senso è un oggetto misterioso, che sembra svanito come un miraggio nel deserto della nostra quotidianità.

Non bastassero le ingiustizie, i soprusi dilaganti e l’idiozia pervasiva, abbiamo anche a che fare con la palese incapacità delle istituzioni di cogliere l’essenza dei problemi reali.

È triste osservare come siano intrappolate in questioni futili e insignificanti, senza alcuna logica che possa giustificarne l’esistenza.

In questo marasma, proliferano i venduti e i collusi, accanto a nemici dichiarati.

È quasi divertente, se non fosse tragico, vedere come l’Unione Europea si perda nel dibattere della lunghezza legale delle banane mentre in Italia ci si dedica a gossip strillati e a battaglie ideologiche di bassa lega, tanto care a chi vive nell’illusione di una sinistra idealista o ai Nichilisti pentastellati.

Ma la Storia, quella con la maiuscola, non fa sconti: continua a procedere, cinica e implacabile, e noi siamo solo spettatori impotenti dello spettacolo che ci piove addosso.

E mentre i nostri leader politici si fregiano di successi che non esistono, l’Europa si rivela un colabrodo su tutti i fronti: sicurezza, immigrazione, salari, visione.

La verità è che, nonostante gli sforzi super burocratici, la sostanza è assente.

Un’agonia amministrativa che sfiora il comico: sembra che l’UE stia praticando un’accanimento terapeutico di fronte a un malato terminale.

Un bel peccato, considerando le potenzialità delle nazioni che la compongono.

Ma chi lo sostiene?

Solo coloro che vantano una forma letale di “idiosincrasia per la Patria”.

I soliti noti che si ostinano a crederci, a puntarci, finendo per trattarla come una sorta di panacea universale.

Ma la domanda è: sono ciechi? O semplicemente corrotti?

Preferiscono scaricare su Bruxelles tutte le loro nefandezze e fallimenti, piuttosto che assumersi le proprie responsabilità.

Il risultato è uno spettacolo indecoroso, con un’Europa che non brilla affatto.

È ormai sotto gli occhi di tutti quanto questo modello sia inadeguato.

Ha fallito miseramente per impotenza manifesta.

Forse potrebbe funzionare come sistema economico integrato, ma non può andare oltre.

Può essere concepito come un “sistema integrato di nazioni sovrane”, nulla di più.

La politica deve tornare a casa, nella sede naturale dei popoli. Un’Europa che non sia – come non è – dei popoli, non ha ragion d’essere.

Il primo passo verso la consapevolezza collettiva è riconoscere che questa entità produce ingiustizie e asimmetrie insostenibili, generando disfatte su tutto il territorio.

In secondo luogo, si dimostra inefficace nel raggiungere i suoi obiettivi prefissati.

Una notizia che molti sembrano ignorare: non saranno i Patrioti a abbattere questo monstrum inconcludente, ma sarà la Storia stessa a intervenire.

La Storia ha un modus operandi molto chiaro: spazza via l’inutile e favorisce il funzionale.

E non illudiamoci: Giustizia e Diritto non sono criteri ufficiali della selezione storica.

Piuttosto, sembra che ciò che prevalga sia l’utilità e la capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini.

Ecco il punto cruciale: ci troviamo di fronte a un’Unione Europea che ha smarrito il proprio scopo.

Si sta trasformando in un’entità ridondante, incapace di adattarsi ai cambiamenti del mondo moderno.

Eppure, molti sembrano ancora aggrapparsi a questa idea di Europa come soluzione ai problemi globali.

Ma è davvero così? È l’idea di un’Unione forte e coesa che ci verrà in soccorso nei momenti di crisi?

O piuttosto stiamo assistendo a una lenta morte di un’ideologia fallimentare, che ha perso di vista la propria missione originaria?

La sensazione è che, mentre la Storia avanza, noi siamo fermi, incapaci di volgere lo sguardo al futuro.

Dobbiamo chiederci: quale Europa desideriamo?

Un’Europa dei popoli, in grado di ascoltare le istanze dei cittadini e mettere in atto politiche efficaci e giuste o un’Europa burocratica, arroccata nelle sue regole obsolete, che ignora le sofferenze reali delle persone?

La risposta sembra così ovvia, eppure rimaniamo intrappolati in questo labirinto di apparati, procedure e interessi.

Le conseguenze di questa mancanza di visione saranno devastanti, ed è la Storia a decretarlo.

Anche se alcuni preferiscono rifugiarsi nel sogno dell’unità continentale, la realtà ci dice che l’Europa così com’è sta fallendo.

E quando i popoli inizieranno a reclamare le proprie identità e libertà, sarà interessante vedere come le istituzioni reagiranno.

A quel punto, sarà difficile nascondere l’inevitabile: l’Unione Europea potrebbe diventare un ricordo, un episodio di un passato in cui si pensava di poter costruire un futuro insieme.

La Storia non attende nessuno.

La sua marcia è inesorabile e, come dimostra la sua lunga traiettoria, spesso non è gentile con i gruppi di potere che non sanno ascoltare il sentire delle masse.

È giunto il momento di svegliarsi e riconoscere che, se vogliamo una vera Europa, dobbiamo lavorare per costruirla dal basso, mettendo i popoli al centro del progetto, rivalutando ciò che significa realmente essere europei.

In caso contrario, sarà solo questione di tempo prima che la Storia decida di rovesciare il tavolo.

E così, mentre ci affanniamo a districarci tra le insidie del presente, la Storia scrive un nuovo capitolo, uno che parla di speranza, ma anche di responsabilità.

Perché un’Europa reale e viva non può essere costruita su fondamenta di indifferenza, corruzione o superficialità.

Deve sorgere da un terreno fertile di giustizia, libertà e dignità umana.

L’Europa è chiamata a rinnovarsi profondamente.

Se non lo farà, l’unica cosa certa è che il vento della Storia continuerà a soffiare, spazzando via ciò che non ha valore e promuovendo ciò che, invece, riesce a dare un senso al nostro cammino collettivo.

Fino ad allora, continueremo a navigare in queste acque tempestose, sperando di trovare un approdo sicuro verso un futuro migliore.

Di Admin

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