L’incursione di ieri non è un errore di navigazione[1] , è un esperimento di ingegneria politica.

Mosca ha spinto droni “usa e getta” nello spazio aereo della NATO per prendere le misure dell’Alleanza: non tanto il fuoco, quanto la soglia. L’Articolo 5 resta una clausola politica, mai automatica; Varsavia ha infatti attivato l’Articolo 4, scegliendo le consultazioni prima dell’escalation.

È esattamente il campo di gioco che al Cremlino interessa: osservare tempi di reazione, tenuta del messaggio comune e disponibilità alleata a trattare intercetti e deconfliction come routine anche a ridosso—e sopra—lo spazio ucraino.

In parallelo si preallestisce la narrativa interna: se la NATO “spara a velivoli che si sono persi”, la propaganda può ribaltare i ruoli e dipingere l’Occidente come parte belligerante.

Il primo dividendo, per Mosca, è di geometria operativa. Anche poche ore di incertezza costringono a ridisegnare finestre d’ingaggio, rialzare lo scramble, riallocare radar e intercettori lungo il fianco est.

L’Ucraina paga un costo invisibile: pattugliamenti, intercetti e NOTAM che consumano risorse senza trasformarsi in terreno.

Nel mentre, linee rotte si ricuciono: reparti stanchi ruotano, artiglierie e droni si riallineano, sistemi S-300/400 e radar cambiano angoli, le scorte per nuove ondate di bombe plananti e missili tattici si rimpinguano.

È tempo “utile”, non calendario: ore che comprano respiro dove la pressione ucraina ha aperto fessure.

Il secondo dividendo è industriale-energetico.

Un corridoio polacco che rallenta, anche a singhiozzo, si traduce in onde di ritardo lungo la catena di rifornimento di Kyiv.

Ogni deviazione negli scali, ogni prudenza assicurativa, ogni finestra aeroportuale chiusa per verifiche si riflette sui flussi di carburante, munizioni, pezzi critici.

Dall’altra parte, raffinerie e stazioni di pompaggio colpite possono essere riparate, le priorità di distribuzione ribilanciate, i lotti in arrivo da partner terzi incanalati dove servono.

L’obiettivo non è la paralisi, ma l’attrito: togliere qualche punto percentuale di efficienza all’avversario mentre si ricostruisce la propria resilienza.

Il terzo dividendo è politico-psicologico. Normalizzare piccole violazioni “di routine” corrode la deterrenza millimetro dopo millimetro.

Si alimentano divergenze sulle regole d’ingaggio, si stressano le filiere assicurative del trasporto aereo e terrestre, si semina la sensazione che l’eccezione non sia più tale.

Dentro la Russia, il racconto è pronto: non stiamo allargando la guerra, stiamo reagendo a nervosismi occidentali.

Fuori, il pubblico dell’area grigia assorbe l’idea che le linee rosse siano trattabili, negoziabili, elastiche.

Tutto questo serve a una sola cosa: comprare finestre.

Finestre di riparazione, di concentrazione, di narrazione.

Nessuna singola incursione sposta l’equilibrio strategico; ma l’accumulo di piccole perdite di efficienza dall’altra parte anticipa la culminazione quando si tenta un colpo locale.

È un gioco d’orologi: operativo, industriale, psicologico.

Mosca li guarda insieme e capitalizza sui ritardi intrecciati che ciascuno può generare.

La risposta efficace non è il clamore, è l’automazione sobria. Intercetti e deconfliction devono scattare come protocollo e non come evento, così da sottrarre rendita al disturbo intermittente.

La ridondanza logistica va pre-pianificata e provata a freddo, con percorsi, scali e contractor alternati già contrattualizzati e “in chiaro” tra più alleati, in modo che la chiusura temporanea di uno snodo non si traduca in una pausa operativa.

Il filtro politico, soprattutto nei cieli del fianco est, deve essere unico e tempestivo: una voce sola che definisca il linguaggio, le regole e il perimetro della risposta, riducendo lo spazio alla manipolazione narrativa.

Non si tratta di “farla pagare” al drone di turno, ma di togliere valore all’intera tecnica.

Se i sensori non si sradicano dal fronte ucraino per inseguire ogni eco radar, se il ponte aereo verso Kyiv non rallenta al primo allarme, se la comunicazione pubblica resta fredda e coerente, il tempo comprato da Mosca diventa tempo sprecato.

E quando l’esperimento non rende, il laboratorio chiude.

Ringrazio Il Centro Studi Strategici, non solo per aver segnalato la notizia, ma anche per averne colto subito la portata strategica.

La sua attenzione ha reso più evidente come questo episodio non sia un dettaglio marginale, bensì un tassello di un mosaico più ampio, in cui il Cremlino sta sperimentando nuovi margini d’azione e la NATO si trova a dover calibrare il proprio equilibrio tra deterrenza e contenimento.

È grazie a queste segnalazioni puntuali che possiamo leggere la cronaca non come un elenco di incidenti, ma come un filo logico che lega la tattica sul campo alla narrativa politica e propagandistica che la accompagna

Note a piè di pagina

[1] https://www.reuters.com/business/aerospace-defense/poland-downs-russian-drones-first-time-nato-member-has-fired-ukraine-war-2025-09-10/

Di Admin

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