De Ficchy Giovanni

Il panorama economico europeo ha recentemente vissuto un evento straordinario e inaspettato, segnando un punto di svolta significativo per l’Italia.
Dopo la caduta del Primo Ministro François Bayrou, sfiduciato dall’Assemblea Nazionale, un’analisi approfondita del mercato obbligazionario rivela che le curve dei rendimenti a dieci anni di Francia e Italia si sono incrociate.
Questo non è solo un semplice numero; rappresenta una metamorfosi radicale nel contesto europeo, in cui l’Italia, da paese stigmatizzato per la sua anatra zoppa finanziaria, brilla ora come un faro di stabilità e disciplina.
Martedì mattina, il rendimento del titolo decennale francese era salito al 3,48%, superando di poco il 3,47% italiano.
Questo incrocio delle curve, monitorato con attenzione per settimane, implica che per la prima volta in un lungo decennio, la Francia sta ufficialmente spendendo di più rispetto all’Italia per finanziarsi sui mercati.
Un cambiamento epocale, considerando che nel 2011 i tassi italiani erano superiori del 4% rispetto a quelli francesi, un abisso che sembrava impossibile da colmare.
A quel tempo, la Francia poteva indebitarsi al 3,7%, mentre l’Italia sprofondava al 7,3%.
Oggi, grazie agli sforzi intrapresi dal governo italiano, la situazione è radicalmente mutata.
Clara Galtier, corrispondente da Roma del quotidiano “Le Figaro“, ha giustamente sottolineato come i mercati siano ora colpiti dall’aggiustamento del deficit pubblico italiano, in contrasto con la mancanza di progressi significativi da parte della Francia.
La stabilità politica italiana, lungi dall’essere un mero dato statistico, è diventata un fattore chiave che ha permesso a Roma di costruire una reputazione di solidità sui mercati, nonostante la storica instabilità che ha contraddistinto il governo italiano per decenni.
La leadership di Giorgia Meloni segna un’epoca nuova.
Con la sua coalizione tripartita, ha già stabilito un record di longevità in un contesto in cui i governi capitolavano in media ogni uno o due anni.
Al contrario, il secondo mandato di Emmanuel Macron sembra avvicinarsi sempre di più alla Quarta Repubblica, caratterizzata da fragilità e conflitti interni.
È questa stabilità, congiunta a un miglioramento tangibile delle finanze pubbliche, che ha catalizzato il cambiamento nella percezione dei mercati.
Guardando indietro, l’Italia ha intrapreso un cammino audace.
L’evidenza è chiara: nel 2024, l’Italia è l’unico Paese del G7 a registrare un avanzo primario di 9,6 miliardi di euro, un risultato senza precedenti.
Ciò significa che il governo italiano spende meno di quanto incassa, un fatto che testimonia non solo l’efficacia delle politiche fiscali, ma anche un impegno sincero verso la responsabilità economica.
In confronto, la Francia continua a fronteggiare un deficit di circa cento miliardi di euro, escluso il costo del debito.
L’agenzia di rating S&P Global ha recentemente elogiato l’Italia per la riduzione degli squilibri fiscali, migliorando il rating sovrano a BBB+. Questo riconoscimento globale è il riflesso diretto del lavoro intrapreso, delle scelte strategiche e delle riforme che stanno dando i loro frutti. Come ci è arrivata l’Italia?
Attraverso decisioni audaci e incisive, tagliando la spesa improduttiva e smantellando sussidi e programmi che avevano gravato sui bilanci statali.
Il governo Meloni ha saputo apportare cambiamenti significativi, andando oltre il Super Bonus 110% che, sebbene inizialmente pensato per stimolare l’economia, aveva accumulato un debito insostenibile di 160 miliardi di euro.
Le misure di risanamento hanno incluso la revisione sia degli sgravi fiscali, sia della spesa pubblica, portando a un risparmio di oltre due miliardi di euro.
Inoltre, i cambiamenti apportati al Reddito di Cittadinanza, trasformandolo in un “assegno di inclusione” più rigoroso, segnano un tentativo di affrontare la povertà senza incentivare l’abuso del sistema.
Al di là delle manovre monetarie, l’Italia ha intrapreso un’importante riforma previdenziale, permettendo agli italiani di andare in pensione anticipata a 62 anni, se con 41 anni di contributi.
Questa mossa ha generato un notevole risparmio, evidenziando l’approccio pragmatico del governo verso le questioni sociali ed economiche.
La capacità di mantenere l’apparente equilibrio tra spesa sociale e rigore fiscale è ciò che rende l’Italia un esempio di eccellenza nel panorama europeo odierno.
I dati economici straordinari non sono solo statistiche; rappresentano un cambiamento culturale e mentale per gli italiani, che finalmente vedono i frutti di una gestione accorta delle finanze pubbliche e di un risveglio collettivo verso la responsabilità.
Gli esperti prevedono che l’avanzo primario italiano crescerà ulteriormente, raggiungendo il 1,8% del PIL entro il 2030, un obiettivo ambizioso che, se raggiunto, può proiettare l’Italia ben al di sopra delle aspettative attuali.
Questo nuovo assetto economico non è solo una questione di numeri, ma rappresenta una rinascita identitaria per l’Italia.
Ora il belpaese può finalmente investire nel futuro, nell’innovazione, nella cultura, senza l’assillo del debito che ne ha storicamente frenato lo sviluppo.
Un’Italia capace di attrarre investimenti esteri, creare nuovi posti di lavoro e garantire un welfare più efficiente e sostenibile per i suoi cittadini.
Ma questa proiezione rosea non è priva di sfide.
Raggiungere un avanzo primario così elevato richiederà sacrifici, riforme strutturali coraggiose e una gestione oculata delle risorse pubbliche.
Sarà necessario un impegno costante da parte del governo, delle imprese e dei cittadini, un patto sociale che metta al centro la crescita economica e la stabilità finanziaria del Paese.
Inoltre, il contesto internazionale rimane incerto e complesso.
Le fluttuazioni dei mercati finanziari, le tensioni geopolitiche e le sfide legate alla transizione ecologica potrebbero mettere a dura prova la resilienza dell’economia italiana.
Tuttavia, se l’Italia saprà affrontare queste sfide con determinazione e lungimiranza, l’obiettivo di un avanzo primario al 1,8% del PIL entro il 2030 potrebbe diventare una realtà tangibile.
Un traguardo che non solo consoliderebbe la posizione dell’Italia nell’eurozona, ma ne rilancerebbe l’immagine a livello globale, come un Paese affidabile, competitivo e capace di guardare al futuro con ottimismo.
La consapevolezza di avere un governo che lavora per il bene comune, capace di attrarre investimenti e di rigenerare la fiducia nei mercati, è un traguardo psicologico fondamentale.
L’era dell’Italia come anatra zoppa potrebbe finalmente considerarsi conclusa, pronta a scrivere un nuovo capitolo di prosperità e stabilità.
Il messaggio è chiaro: l’Italia, una volta ritirata in un angolo dell’arena europea, è nuovamente sotto i riflettori.
L’entusiasmo per il futuro è palpabile, e sebbene ci siano ancora sfide da affrontare, il paese ha dimostrato che è possibile cambiare rotta, ridurre il debito e promuovere una crescita sostenibile.
Gli occhi del mondo sono ora puntati su Roma, che, con determinazione e visione, si prepara a guidare l’Europa in una nuova era di stabilità e successo economico.
In questo contesto, l’Italia non è più un’anatra zoppa, ma un potente cigno che vola alto, pronto a esibire la bellezza e la forza della propria rinascita economica.
