De Ficchy Giovanni

La deriva culturale illiberale del grillismo rappresenta una grave involuzione per l’Italia, mettendo a rischio ottant’anni di conquiste democratiche.
Se uccidi un simpatizzante di Trump sotto-sotto è meno grave.
Lo dice il professore, con una tesi talmente strampalata da far venire i brividi.
Perché di fronte a un assassinio deve esserci una sola risposta, lo sdegno e la condanna, altro che i pericolosi distinguo.
Intellettuali di spicco giustificano sistematicamente i metodi violenti e criminali di dittature anti-occidentali e terroristi, con ripercussioni di crescente violenza nel mondo social degli adepti grillini.
Questo atteggiamento, purtroppo, non è isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di relativismo etico e di delegittimazione delle istituzioni democratiche.
Si assiste a una pericolosa equiparazione tra democrazie liberali, con tutti i loro difetti e le loro imperfezioni, e regimi autoritari che calpestano i diritti umani fondamentali.
La narrazione tossica che ne consegue alimenta la sfiducia verso la politica, la giustizia e i media, creando terreno fertile per la propaganda populista e la disinformazione.
Il rischio concreto è che, erodendo le fondamenta del nostro sistema valoriale, si apra la strada a derive autoritarie e a un progressivo smantellamento dello stato di diritto.
È fondamentale che le forze sane della società civile, del mondo accademico e della politica si mobilitino per contrastare questa deriva culturale e per riaffermare con forza i principi irrinunciabili della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti umani.
Il problema è che stavolta non si tratta di una semplice polemica politica, ma della vita di un uomo, brutalmente interrotta da un colpo d’arma da fuoco.
Non si spara, si discute.
Uccidere per un’idea distrugge l’idea, la persona e la democrazia.
La violenza è inaccettabile: chi disumanizza l’avversario prepara il terreno alla violenza.
Difendere la libertà significa proteggere anche le voci discordanti.
Nessun alibi, doppi standard inammissibili.
Condanna, distanza, responsabilità: sempre.
Di Kirk lo seguivo sui social e lo rispettavo: per l’entusiasmo, per il coraggio di confrontarsi con chiunque, sempre in modo democratico, civile e con il sorriso sulle labbra, di lui desidero ricordare :
Lungi dall’essere razzista, omofobo o suprematista, come molti lo descrivono, l’ho seguito per anni apprezzando la sua capacità di ridicolizzare le tesi comuniste.
Lo conosco abbastanza e non ha mai espresso le posizioni che gli vengono attribuite.
Contrario all’aborto, sostenitore dell’esistenza di soli due sessi e critico verso l’incompatibilità dell’Islam con la democrazia moderna, posizioni comuni fino a cinquant’anni fa, era un conservatore, non un fascista.
Una certa sinistra, “grillizzata” in Italia ed estremizzata in America, lo etichettava come tale.
Il confronto diretto, però, rivelava una persona con opinioni diverse, il che lo rendeva attraente a milioni di giovani che ha poi spinto a votare Trump.
Il suo “Prove Me Wrong Table” era più di un format: un’eredità.
Non una semplice provocazione, ma una sfida.
Kirk affrontava il mondo da solo, armato di un sorriso e dell’invito: “Prove me wrong”.
Non arroganza, ma la speranza di un dibattito onesto, dove le idee si confrontassero senza odio.
Il suo carisma e la sua abilità oratoria gli permettevano di smascherare estremismi e disinformazione, non per umiliare, ma per offrire un confronto a chi lo attaccava.
Ora, quella possibilità è finita. Il tavolo è vuoto, ma la sua frase resta: un monito.
“Prove me wrong.” Non ci sono riusciti, e lo hanno assassinato.
Pietà per chi, per ignoranza o ideologia, lo etichetta con accuse infamanti, estrapolando frasi dal contesto.
Mentre alcuni festeggiano, il Parlamento Europeo non ha avuto il coraggio di un minuto di silenzio: un doppio insulto alla sua memoria e ai valori europei.
Chi applaude un omicida sceglie la barbarie.
“La violenza e le guerre arrivano quando si smette di parlare.” Charlie Kirk 1993-2025
Odifreddi è comunque un pagliaccio e il grillismo ha sfruttato il sostrato comunista di una middle class anti-americana, anti-democratica, anti-occidentale e anti-mercato, riciclatasi dopo il collasso del comunismo.