Saggio di Giovanni De Ficchy
La Filiera Ideologica: Un Viaggio attraverso il Pensiero Gramsciano e il suo Potere Nascosto

Negli anfratti più remoti del pensiero contemporaneo, si cela una corrente ideologica che, come un serpente in un campo di fiori, si snoda silenziosamente, ma con determinazione, tra le pieghe della cultura accademica e dei media pubblici.
In questo saggio, ci proponiamo di esplorare la cosiddetta “filiera ideologica”, un concetto che potrebbe sembrare una buzzword da convegno, ma che si rivela essere un potente meccanismo di influenza, fondato su un’interpretazione piuttosto particolare del pensiero gramsciano.
Prima di tutto, chiariamoci: Antonio Gramsci non è solo un nome da citare per sembrare intelligenti nelle discussioni post-prandiali.
No, Gramsci ha mutato il panorama politico e culturale col suo celebre concetto di egemonia, che ora viene reinterpretato da accademici e intellettuali come un piatto ricco di sfumature: chiunque conosca un po’ di teoria critica sa di cosa parlo.
Ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’egemonia non è solo uno strumento usato nei dibattiti sul caffè. È diventata, grazie alla filiera ideologica, un vero e proprio fattore di modellamento del discorso pubblico.
Immaginate una rete intricata, più complessa di un labirinto di Borges, che collega università, redazioni giornalistiche e centri di ricerca.
Questa filiera non è altro che un circolo virtuoso, o, se vogliamo, vizioso, a seconda di quale lato della barricata ci si trovi.
Attraverso nomine strategiche, progettazione di programmi di studio e curatela dei media, il pensiero gramsciano ha trovato il modo di prosperare.
Anziché limitarsi a discutere di uguaglianza e giustizia sociale nei salotti accademici, ha escogitato un piano B che poco ha a che fare con le tradizionali competizioni elettorali.
Invece di conquistare il potere attraverso le urne, i ferventi seguaci di Gramsci hanno scelto la via più sottile: infilarsi tra i banchi di scuola e le redazioni delle principali testate giornalistiche.
In questo contesto, si svela la ironica verità: se la politica tradizionale può sembrare sconclusionata e a corto di idee, la filiera ideologica riesce a mantenere un’efficacia sorprendente.
Dopotutto, chi ha bisogno di voti quando puoi possedere le menti delle persone?
Ma veniamo ai fatti: come funziona questa filiera ideologica?
In primo luogo, la nomina di docenti e ricercatori affini a questa interpretazione gramsciana nelle università ha fatto sì che i corsi di laurea abbracciassero senza remore tali finezze teoriche.
Le tesi di dottorato non sono più semplicemente lavori accademici, ma autentici manifesti di un pensiero che, pur avendo radici storiche, è profondamente attuale.
Gli studenti, ignari della totalità del piano, si ritrovano a studiare testi che alimentano una visione del mondo coerente con questa egemonia silenziosa.
Per rendere le cose ancora più intriganti, possiamo guardare al modo in cui le pubblicazioni accademiche hanno ben poco a che fare con la mera ricerca scientifica.
Risulta quasi comico come riviste specializzate sembrino essere diventate veicoli di propaganda mascherati da lavori di ricerca.
La filiera ideologica non si limita a costruire una narrativa; la diffonde, bruscamente e senza esitazioni, sotto le mentite spoglie di approfondimenti critici.
Quando un accademico scrive un articolo, spesso sta contribuendo a un racconto più ampio, piuttosto che limitarsi a comunicare risultati oggettivi.
E i media? Sì, ovviamente i media!
Quella sfera dove le notizie vengono distillate e servite al pubblico come il vino in una cantina di lusso.
Qui, i giornalisti sono divenuti non solo cronisti, ma veri e propri custodi di una narrazione gramsciana.
Le redazioni, sempre più affollate da individui formati in queste filiere ideologiche, hanno iniziato a plasmare l’opinione pubblica in modo sottile ma efficace.
Ogni articolo, ogni editorialista, ogni parola scritta si allinea perfettamente con i principi di una narrativa che favorisce l’interpretazione gramsciana.
In questo mare di influenze, emergono due grandi figure: il ‘Professore’ e il ‘Commentatore’.
La figura del Professore rappresenta la catena di comando accademico che, dall’alto della sua cattedra, impartisce le lezioni di vita e riflessioni profonde, mentre il Commentatore, con la sua penna aguzza, traduce questi insegnamenti in un linguaggio che riesce a penetrarti fino al midollo.
Insieme, formano un tandem letale per il pensiero critico, creando un circolo vizioso dove nessuna voce alternativa trova spazio.
Non fraintendete; il problema non è tanto il pensiero gramsciano in sé, che ha senza dubbio arricchito il dibattito politico e culturale.
Il problema è come questo pensiero sia stato utilizzato per costruire un sistema che, pur rimanendo al di fuori della vista pubblica, riesce a plasmare le ideologie dominanti.
I dibattiti elettorali, in questo contesto, appaiono come mere ombre, mentre l’equilibrio della cultura e della ricerca è manovrato da una mano invisibile.
E così, mentre le battaglie politiche infuriano sul palcoscenico elettorale, ci troviamo di fronte a una realtà divertente e un po’ inquietante: la vera lotta per il dominio ideologico si combatte lontano dalle luci dei riflettori. Le grandi questioni che plasmano le nostre vite vengono decise più nei corridoi delle università e nelle stanze dei redattori che nelle arene pubbliche.
La filiera ideologica, quindi, diventa un’entità autonoma e potente, capace di indirizzare il pensiero e la formazione intellettuale delle generazioni future.
In conclusione, la filiera ideologica rappresenta una delle forze più insidiose nel nostro attuale panorama culturale e politico.
Mentre i partiti politici si scontrano per conquistare la fiducia degli elettori, una simile lotta sotterranea si svolge tra le pagine di libri, gli articoli accademici e le notizie quotidiane.
Ironia della sorte, la vera battaglia per l’egemonia non si combatte nelle piazze, ma nei luoghi dove studenti, giornalisti e ricercatori tessono la tela di una narrazione che, talvolta, sembra più convincente della realtà stessa.
Se Gramsci potesse osservare il mondo di oggi, probabilmente sorriderebbe, consapevole che la sua eredità ha trovato un terreno fertile, anche se in modo imprevisto.
E noi, nel nostro piccolo, possiamo solo osservare e chiederci: chi sta davvero governando le nostre menti?