L’Italia è diventata il Paese dei giovani già vecchi. Nell’orizzonte immaginato e persino nei desideri.
Appena entrati nel mondo del lavoro – quando va bene – già si pensa alla pensione, all’anzianità, a una fine “dolce” della vita, senza porsi il problema di viverla con intensità, né tantomeno di proiettarla oltre se stessa.
Aperitivi e futilità al posto di progetti
La quotidianità di molti si riduce a un eterno presente di aperitivi, consumi superficiali e distrazioni. Una generazione che avrebbe l’energia per costruire, inventare e rischiare si rifugia invece in una comfort zone di futilità, come se l’unico obiettivo fosse galleggiare.
Ma senza progettualità, senza visione, senza la voglia di lasciare un segno, un Paese intero affonda lentamente nella palude del nulla.
Una gerontocrazia soffocante
A rendere il quadro più cupo è la gerontocrazia che domina la vita politica, economica e culturale. Una classe dirigente invecchiata, spesso più preoccupata di mantenere privilegi che di aprire strade nuove, tiene in ostaggio le energie fresche.
I giovani non vengono integrati in un progetto collettivo a lungo respiro, non vengono chiamati a partecipare alla costruzione del futuro: vengono lasciati ai margini o sfruttati, mai veramente coinvolti.
Il confronto con altre realtà
Se si guarda oltre i confini, il contrasto è evidente. In Paesi come la Turchia o l’Iran – al netto di contraddizioni e problemi politici – esiste ancora un grande serbatoio di giovani che pensano al domani, che si nutrono di memoria storica e glorie passate per rilanciare una prospettiva.
In Italia, invece, la memoria sembra ridotta a folclore, la storia a musei polverosi, il futuro a un lento declino programmato.
Un appello: svegliati Italia
L’Italia ha bisogno di riscoprire la forza vitale della sua gioventù. Non come slogan, ma come realtà concreta: dare spazio, fiducia e responsabilità a chi oggi viene tenuto in disparte.
Serve un risveglio, un ritorno alla capacità di immaginare il domani con coraggio, di affrontare le sfide globali con idee nuove, di uscire dalla spirale della rassegnazione.
Il tempo delle “vite sprecate” è finito: o l’Italia ritrova la forza di rinascere, o rimarrà un Paese anziano, che guarda al passato con nostalgia senza avere più alcun futuro.