
Doveva essere il voto della riscossa, è stato quello della disfatta: dem e M5S perdono consensi e sono costretti a fare i conti con il boom di FdI
Le Marche, una terra che qualcuno ha orgogliosamente ribattezzato “Ohio d’Italia”, il luogo dove il sogno di una sinistra rinvigorita avrebbe dovuto prendere forma, si è trasformato in un’affermazione della leadership di Giorgia Meloni.
Un vero e proprio trionfo, se non fosse che alzare il calice della vittoria in questo caso sa tanto di brindisi con il vino tagliato
. Chi l’avrebbe mai detto?

I democratici e il Movimento 5 Stelle, eroi di una battaglia per la speranza, si ritrovano invece a contare le macerie della propria ideologia politica in un’elezione amministrativa che, più che una lotta all’ultimo voto, sembra un drammatico episodio di una soap opera.
In un contesto politico che avrebbe dovuto segnare la rinascita del campo progressista, il risultato è paragonabile a una Caporetto, o meglio a un salotto deserto dopo una festa finita male.
Strade vuote, volti sconsolati, e l’immancabile rumore di chiusura delle serrande come nei migliori (o peggiori) locali notturni quando l’ultima bevuta viene servita.

E mentre Fratelli d’Italia ingrana la quarta e accelera senza freni, nel centrosinistra si fa sentire il crepitio dei piatti che si rompono, un’eco fastidiosa di chi si rende conto che il piano, quello con grande P maiuscola, era solo un sogno ad occhi aperti.
Ma ripartiamo da qui: il malcontento degli elettori.
E chi meglio di Elly e Giuseppe Conte per ignorarlo?
Sono diventati specialisti nella pratica dell’innalzamento di barriere contro le diverse sfide, come se il nemico fosse un fantasma da esorcizzare piuttosto che una realtà con cui confrontarsi.
La loro incapacità di ascoltare la voce della popolazione si è tradotta in risultati strabilianti, o meglio, disastrosi.
Questi geni stratificati di strategia politica sembrano aver dimenticato che il potere non si eredita; si conquista, si guadagna, si offre qualcosa di tangibile alla gente.
Qualcosa di simile a un programma concreto, non promesse fumose che suonano come un disco rotto.
Ecco un’idea geniale: perché non provare a proporre soluzioni vere ai problemi reali?
Potremmo iniziare con la questione del lavoro, quella cosa che tanto piace a tutti ma che, stranamente, sparisce dai discorsi in campagna elettorale.
O forse gli edifici scolastici fatiscenti, che da tempo urlano aiuto come un affamato in autostrada.
Ma no, meglio continuare a discutere di alleanze improbabili e di tweet ben scritti che rendano la vita difficile agli avversari.
Chissà, magari funzionerà!
Spoiler: non funziona.
E mentre i progressisti si affannano a capire cosa sia andato storto, Giorgia Meloni si erge come una rockstar in cima a un palcoscenico rivestito di luci scintillanti.
Gli applausi per il suo partito, Fratelli d’Italia, riecheggiano come un successo immediato, lasciando i dem e i grillini a chiedersi dove stia il segreto di tale ascesa.
Simple as that, direbbero gli anglofoni.
La verità è che FdI ha saputo parlare un linguaggio comprensibile, un linguaggio che sa di casa, di nostalgia, di territori abbandonati, e non si è limitato a lamentarsi per le carenze del governo, attuando invece una retorica semplicistica, certo, ma efficace.
Il che ci porta alla resa dei conti all’interno del centrosinistra.
È giunto il momento di interrogarsi: chi vuole restare in piedi e chi è pronto a svignarsela? La lotta intestina all’interno dei partiti è ormai all’ordine del giorno, degna di una serie TV con colpi di scena e drammi da operetta.
C’è chi vorrebbe una svolta radicale, chi predilige una continuità nel segno della tradizione e chi, con poco tatto, suggerisce di tornare alle origini, come se il passato potesse offrire soluzioni per un presente in continua evoluzione.
Le divergenze sono evidenti. In un angolo, c’è il gruppo di quelli che si definiscono “progressisti” che, incapaci di rileggere la storia recente, pensano che basti una buona dose di buonismo per risolvere ogni problema.
Dall’altro lato, i pragmatici che si rendono conto che l’ideologia da sola non fa più paura e non porta più voti.
La verità brutale è che, in un momento storico in cui la destra avanza imperterrita, la sinistra sembra incapace di giocare la sua partita.
E così, si dibattono all’interno di una bolla, completamente disconnessi dalla vita quotidiana delle persone comuni.
Ma in questo scenario, non possiamo dimenticare i fattori esterni.
I cambiamenti climatici, le crisi economiche, la pandemia e tutte quelle sventure che abbiamo imparato a conoscere come “grandi temi”.
Eppure il centrosinistra li ha sicuramente menzionati!
Forse in una chat WhatsApp tra amici o in qualche piccolo comizio.
Risultato?
Nessun effetto visibile.
Come una ricetta senza sale, insipida e poco appetibile.
Ora, parliamo di Giorgia Meloni. Immagino la scena: riunioni di partito dove il tema principale è come capitalizzare su ogni errore altrui.
Fratelli d’Italia ha messo il turbo e corre verso il suo obiettivo, certamente non senza qualche ostacolo, ma con la determinazione di un maratoneta che ha scoperto la “caffeina” della politica.
Ogni passo falso dei suoi avversari è un “sì” alle sue proposte, e la sinistra?
Beh, la sinistra continua a scrivere articoli e comunicati stampa pieni di buone intenzioni che nessuno leggerà mai.
Ecco, cari lettori, il verdetto è chiaro: il voto amministrativo ha suonato come un campanello d’allarme per il centrosinistra
. Una chiamata all’azione che, sebbene possa sembrare scontata, è una necessità.
Se vogliono evitare che questa Caporetto diventi un capitolo definitivo della loro storia, devono ripensare le loro strategie, ridefinire i messaggi e, soprattutto, ascoltare.
Magari, per una volta, provando a mettersi nei panni di chi vive il mondo reale e non la dimensione onirica dei seggi parlamentari.
In definitiva, si impone un cambio di passo.
La politica necessita di una rinnovata visione, un’idea nuova che trascenda i confini della tradizione e guardi al futuro con coraggio.
Se tutto ciò non avverrà, beh, possiamo sempre continuare a godere di un buon sarcasmo e di una buona dose di ironia mentre assistiamo alla lenta agonia delle ambizioni progressiste.
Del resto, chi ha bisogno di progetti concreti quando si può semplicemente seguire il teatro della politica italiana?