Giorgia Meloni una madre

Un Paradosso Moderno

C’era una volta una bambina, una di quelle che il mondo si ostina a dimenticare, costretta a lavorare per aiutare la sua povera famiglia.

Una ragazzina che ha ingoiato lacrime amare per tante rinunce, ma che la disperazione di essere tra gli ultimi non ha trasformato in rancore.

No, non ha sentito il richiamo della vendetta o solleticato l’invidia velenosa.

Ha scelto una strada diversa: quella della resilienza.

E adesso, crescendo, è diventata madre, un’icona di potere e successo.

Eppure, chissà perché, la sinistra avrebbe potuto additarla come simbolo.

Ma ahimè, quella sinistra colta, liberale, progressista… un tempo così frizzante… ora pare essere evaporata.

Immaginate il quadro: una statua di Papa Giovanni Paolo II, abbronzata dal sole di Roma, si trova immobile e fiera, a Termini.

E poi qualcuno, con la ribellione nel cuore e la verità sulle labbra, decide di “imbrattarla”.

Scandalo!

È un sacrilegio!

Le cronache si affollano di indignazione: la sinistra, assieme all’ala cattolica, si unisce in un coro di disapprovazione.

Ma in quale epoca stiamo vivendo, cari lettori?

È un’epoca in cui il rispetto delle idee di una donna viene ridotto all’insulto.

E solo un attimo, per favore.

Fermiamoci.

Cosa significa davvero il termine “cortigiana”?

Lo sostrato di cattiveria e livore racchiuso in quella parola offende ogni donna, ogni lavoratrice, ogni madre.

Ha senso?

Perché se una donna, nel corso della sua vita, decide di intraprendere strade diverse, perché non merita il rispetto?

È un paradosso: ogni donna che esprime un’idea diversa dalla narrativa dominante di questi tempi, ahimè, si ritrova incollata all’etichetta di “cortigiana”.

La cosa è semplicemente inaccettabile.

Intellettuali e diplomatici rossi si divertono a scherzare su tutto ciò: minimizzare, ironizzare, ma la questione rimane salda.

Non ci troviamo di fronte a una semplice lotta politica, né a una dialettica da accademici.

Qui si parla di rapporto Uomo-Donna, di rispetto umano.

Semplice, no?

Dobbiamo forse aspettarci pubbliche scuse per riscattare la dignità degli uomini che, in un modo o nell’altro, tengono le fila di questo teatrino?

Ma parliamo della bambina che, ora donna e madre, ha fatto delle sue esperienze la base della sua forza.

Ha lottato mentre altri si crogiolavano nel loro privilegio.

Ha sacrificato ore di gioco, sogni e ambizioni per mettere un piatto in tavola.

E sa cosa?

Non ha mai chiesto nulla a nessuno, neppure la pietà.

In un’epoca in cui le parole di una donna possono scatenare tempeste di odio, lei ha imparato a silenziare il fragore con la sua determinazione.

Ora, guardate le folle in piazza.

Quella sinistra che sventolava bandiere colorate e prometteva il cambiamento sembra aver perso il suo vigore.

Dove sono finiti i paladini dei diritti?

Dove si rifugiano gli intellettuali che una volta si battevano per la bellezza dell’espressione individuale?

Scomparsi?

In un letargo confortevole dal quale non intendono risvegliarsi?

È triste, davvero.

Le donne, quelle “cortigiane” di oggi, sono madri, lavoratrici, agguerrite e intelligenti.

Eppure, basta una voce fuori dal coro, un pensiero non allineato, per attirare il livore collettivo.

Che ipocrisia!

Se sei una madre artista, hai il diritto di far sentire la tua voce.

Se sei una donna d’affari, hai il diritto di prendere decisioni.

Ma se sei una donna con un’opinione diversa dalla narrazione postmodernista dominante, allora, beh, sei diventata una cortigiana.

E nella moderna arena pubblica, dove le battaglie vengono combattute con tweet e hashtag, il rispetto sembra una merce rara.

Gli uomini, quei garanti di equilibrio e giustizia, potrebbero azzardarsi a chiedere scusa?

Forse un gesto così semplice potrebbe restituire dignità alle donne che hanno sempre lottato e continuano a farlo ogni giorno.

Ma per quanto riguarda la nostra “cortigiana”, possiamo affermare che ha trasformato le sue esperienze in oro.

Nonostante le lacrime versate, le delusioni accumulate e le ferite mai rimarginate, ha trovato il modo di brillare.

Dal dolore ha tratto insegnamenti; dalla povertà, opportunità.

Non è questo un messaggio di empowerment femminile che dovremmo volgere a favore, piuttosto che cercare di etichettarlo come qualcosa di scandaloso?

Così eccola qui: una donna che, invece di arrabbiarsi, ha deciso di superare il dolore.

Ha costruito una carriera e una famiglia.

Ha regalato al mondo non solo un esempio di forza, ma anche un monito.

Ignorare la sua storia sarebbe un errore imperdonabile.

E mentre il dibattito sulla statua continua e il termine “cortigiana” si erge come una barriera tra generi e ideologie, noi sappiamo che il valore di una donna non si misura attraverso etichette offensive, ma attraverso la sostanza delle sue azioni e il coraggio delle sue scelte.

In conclusione, la vera sfida non è tanto quella di cambiare il linguaggio, ma di modificare la cultura. Rispettare le donne significa riconoscere il loro diritto all’autodeterminazione, non solo per pacifiche chiacchiere da salotto, ma soprattutto per il bene della società.

Oggi più che mai, l’umanità ha bisogno di rispetto.

E quel rispetto deve partire da ciascuno di noi.

Dunque, cari signori e signore, se la sinistra, o chi per essa, desidera davvero recuperare il proprio significato, è tempo di abbandonare le etichette e abbracciare l’umanità, di concedere libertà a tutte le donne di essere chi vogliono e di dire ciò che pensano, senza timore di essere ridotte al silenzio da antiche e obsolete definizioni.

Riscattiamo insieme un termine!

Tiriamo un respiro profondo e iniziamo a parlare.

Ma non come cortigiani, bensì come esseri umani.

Di Admin

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