Montanelli

QUANDO A SUBIRE ATTENTATI SONO I GIORNALISTI DI CENTRODESTRA

Nell’immaginario collettivo italiano, l’attentato sembra riservato a pochi eletti, quasi un’appartenenza esclusiva di categorie appositamente designate, come se ci fosse una sorta di “lista nera” da consultare.

E così, mentre i leader di alcune fazioni politiche si fanno portavoce della libertà di espressione e di stampa, non possiamo dimenticare che c’è un’altra faccia della medaglia, quella in cui i giornalisti di centrodestra devono subire le conseguenze delle loro opinioni.

Capezzone

Che dire dell’indimenticabile Indro Montanelli? Ferito nel 1977 dalle Brigate Rosse per le sue posizioni anticomuniste e per la difesa della libertà di stampa. Una vera e propria odissea, direbbe qualcuno. Ma come si sa, il terrorismo rosso non fa sconti.

E chissà se Montanelli avesse immaginato un giorno di dover lottare contro campagne d’odio da parte di una sinistra radicale che pareva incapace di accettare il dialogo.

Passiamo ora a Vittorio Feltri, un pilastro del giornalismo liberale di centrodestra.

La sua esperienza è un susseguirsi di lettere minatorie e pacchi sospetti, una sorta di “festa del terrore” in cui lui è l’invitato d’onore.

Alcuni diranno che la vita è più emozionante con un po’ di rischio, ma vedendo come viene frequentemente preso di mira da gruppi anarchici e centri sociali, viene da chiedersi se “emozionante” sia davvero il termine adeguato.

Gianpaolo Pansa, dal canto suo, ha affrontato una trasformazione notevole: da sinistra a “revisionista” della Resistenza.

E per cosa?

Un libro!

Porro

Ha dovuto sperimentare la gioia di essere fischiato, insultato e minacciato in pubblico. Le sue presentazioni, inevitabilmente interrotte da militanti di sinistra radicale, sono diventate un vero sport estremo.

L’idea di esprimere opinioni diverse in una piazza pubblica sembra essere, per alcuni, come chiedere di danzare su un campo minato: un passo falso, e la carriera di scrittore può finire in un batter d’occhio.

Non si può poi ignorare Maurizio Belpietro, che nel 2010 ha vissuto un episodio degno di un film d’azione: un ex poliziotto armato ha tentato di colpirlo sotto casa, ma l’arma si è inceppata. Provvidenza o pura coincidenza?

Da quel momento vive sotto scorta permanente, come un vero e proprio VIP, ma senza gli onori e le luci della ribalta che solitamente accompagnano tale status.

Un meritatissimo mazzetto di fiori per la sua dedizione alla libertà di stampa!

E che dire di Nicola Porro, che ha ricevuto così tante intimidazioni online da far pensare che il suo profilo social sia un vero e proprio campo di battaglia?

Nel 2020, la Digos ha dovuto aprire un’indagine per gravi minacce personali via social, un evento sconcertante per chi pensa che la libertà di espressione includa solo i “veri” combattenti della libertà.

Infine, citiamo Daniele Capezzone, il liberale di centrodestra che ha avuto il coraggio di esprimere posizioni contro l’ideologia gender e a favore di Israele.

Le sue idee, foriere di attacchi personali e intimidazioni via social, rivelano chiaramente che il dibattito civile in Italia è tanto acceso quanto sanguinoso.

Sorprendentemente, questi eventi ci raccontano di un mondo in cui le università e le conferenze si trasformano in teatri di guerra, dove i militanti di sinistra diventano i guardiani della verità, impedendo a chiunque osi dissentire di esprimere liberamente le proprie idee.

Se avessimo una camera per ogni riunione cancellata o interrotta da atti violenti, potremmo benissimo costruire il “Museo della Libertà di Espressione Interrotta”.

In un clima dove i giornalisti di centrodestra vengono costantemente attaccati, aggrediti e minacciati, viene da chiedersi: dove sono le voci che dovrebbero opporsi a questa violenza?

Ah già, aspettano un invito ufficiale… e nel frattempo, AVVISATE LA SEGRETARIA DEL PD, perché la libertà di parola ha bisogno di tutti.

Di Admin

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