
Il peso delle parole è sempre determinato da chi le pronuncia, una legge non scritta della comunicazione politica che somiglia più a saggezza popolare che a scienza.
Come il pastorello che gridava “al lupo”, la menzogna consuma la propria credibilità fino a spegnersi, lezione che Elly Schlein sembra non aver mai imparato.
Immaginate la scena: Elly sul palco del Congresso del Partito Socialista Europeo ad Amsterdam, armata di un fervore che farebbe impallidire anche i più appassionati oratori della Storia.
E quale argomento ha scelto per incantare il pubblico?
Un’Italia «in bilico sul baratro», dove «la libertà e la democrazia sono a rischio».
Che spettacolo! Un quadro vivido di un paese nel caos, degno di una tragedia greca.
Ma a chi parla?
A un pubblico straniero in cerca di drammi e privo di contesto.
Forse si compiace nel sentire denigrare una nazione europea, illudendosi che la sua degradazione restituisca loro credibilità.
Un gesto tipico di chi, incapace di dialogare in patria, cerca consensi all’estero.
Ma mettiamo da parte il teatro dell’assurdo per un momento e diamo un’occhiata ai fatti.
Ah, i fatti!
Questo fantasma della verità che molti politici accarezzano ma raramente abbracciano.
L’Italia non è, tra i Paesi del mondo, quello più affascinante in termini di economia e governabilità, ma è pur sempre una democrazia solida, contrariamente a quel che il melodramma schleiniano ci vorrebbe far credere.
Abbiamo una stampa libera – altrimenti perché saremmo qui a discutere le sue parole? – un Parlamento che funziona e una magistratura che esercita la sua indipendenza come un maestro di judo in un match di wrestling.
E il governo di Giorgia Meloni?
Bene, grazie.
Nato da una vittoria limpida e frutto di consenso popolare, ha portato risultati concreti. Altro che baratro!
Oltre un milione di nuovi occupati, crescita sopra la media europea (certo, non siamo agli apici, ma chi lo è?), un fisco più equo e persino un record nel recupero dell’evasione.
Ecco, qui, però, dobbiamo riconoscere che la realtà cresce come un viale alberato: rigogliosa, ma spesso ignorata da chi preferisce tagliare i rami più bassi, nel tentativo di arrampicarsi più in alto, per bucare le nuvole.
Dov’è allora questa “democrazia in pericolo” di cui tanto si parla nei palchi europei, se non nel racconto, piuttosto che nella realtà?
Potremmo considerarlo un riflesso distorto di chi ha perso il contatto con la verità di quel che ci circonda, utilizzando la paura come unico linguaggio di comunicazione.
E così ci ritroviamo a sognare scenari apocalittici mentre la vita quotidiana continua a scorrere come un treno espresso, senza fermarsi per chi la osserva da fuori.
Questo schema di denuncia e allarmismo si ripete cristallino ogni volta che la politica dimostra di non avere molte frecce al proprio arco.
Quando il dialogo non convince, si alzano i toni e si cominciano a costruire nemici invisibili.
È un classico: quando le strategie comunicative falliscono, si preferisce l’allarmismo al confronto. Ricordiamo tutti quando Matteo Renzi trasformò il referendum costituzionale in un plebiscito personale, annunciando l’addio alla politica in caso di sconfitta.
Il risultato fu una disfatta che compromise sia il referendum che la sua credibilità.
Chi avrà mai pensato che si potessero usare parole come arma letale e potenzialmente autolesioniste?
E ancora, torniamo a Schlein, la quale sembra seguire lo stesso copione.
La questione è: quali conseguenze ci saranno per chi abusa della retorica?
Nulla di buono, amici miei.
Le parole, quando non trovano conferma nei fatti, rischiano di ritorcersi contro chi le pronuncia, come un boomerang ben progettato.
La vera questione riguarda la capacità di ascoltare e comprendere.
Eppure, in un contesto dove ognuno si battaglia per la propria narrazione, sembra che i messaggi più semplici vengano persi tra le pieghe della confusione.
In conclusione, possiamo solo chiederci: quanto valore hanno realmente le parole in politica, se il loro significato viene continuamente manipolato?
Se gli attori stessi continuano a recitare ruoli che non riescono a sostenere, allora è tempo di riscrivere il copione e dare un nuovo senso alla comunicazione.
Altrimenti, il rischio sarà quello di assistere a un continuo profluvio di parole vuote, destinate a svanire nel nulla, come fumo al vento.
Perché, alla fine, ricordiamoci: le parole possono costruire ponti, ma in mani inadeguate, possono facilmente diventare macigni.