
Ah, la politica italiana.
Mentre Elly Schlein si lamenta di libertà a rischio e presunti regimi in Italia, nel suo stesso partito si consumano lotte intestine che minacciano il precario equilibrio del Nazareno.
L’abbandono dell’architrave centrista rischia di far crollare il già instabile campo largo, minato da continue dispute interne.
Un palcoscenico vibrante, dove le grandi star si esibiscono nello spettacolo della contraddizione e dell’incoerenza.
Mentre Elly Schlein attacca con veemenza governo e Paese, i centristi si perdono nelle loro consuete manovre inconcludenti, ignorando il declino generale.
E così, mentre il centro continua a baloccarsi con le sue strategie da manuale Cencelli, il governo Meloni tira dritto, forte di un consenso che sembra inossidabile.
La Schlein, dal canto suo, affila le armi retoriche, sperando di intercettare quel malcontento serpeggiante che, però, fatica a tradursi in una vera alternativa politica.
Ma la domanda resta: chi salverà la nave Italia da questo scontro tra titani, mentre i centristi continuano a chiedersi quale sia il lato giusto da cui scendere?
La gamba centrista, progettata dai sogni dei dem per conquistare il cuore degli italiani nelle elezioni politiche del 2027, rischia di dimostrarsi una gamba di legno, pronto a far saltare il tavolo con rumore e dignità.
E chi può sorprendere?
Matteo Renzi ha deciso di rispolverare la sua poltrona di ex-Primo Ministro fondando la “Casa dei Riformisti”.

Un nome che profuma di una nuova era, ma che, a ben vedere, è solo un rifugio per chi cerca un posto caldo in un partito gelido.
Intanto, la storica alleanza della Quercia diventa un campo di battaglia in cui ogni cespuglio (o quel che ne resta) si contende la propria fetta di potere.
Ah, ma quanto è divertente!
E così, il fuoco amico di Renzi accende tensioni nei centri, che ora cominciano a sgomitare come se fossero al mercato delle vacche.
“Mr. Fisco” Ruffini non ci sta.
I toni del fiscalista si alzano e la strategia dall’alto di Schlein viene immediatamente ridicolizzata.
«Ho un’idea molto diversa da lei su come costruire la coalizione», proclama Ruffini, il quale pare convinto che i dem possano essere costruiti come un mobile Ikea.
Ma ahimè, il suo abbozzo di piano sembra più simile a un puzzle di mille pezzi, con un paio di pezzi mancanti.
“Il centrosinistra non si costruisce in un laboratorio”, brontola, “ma tra la gente”.
Certo, come se la gente volesse mangiare le polpette avvelenate servite dai partiti.
Ma le tensioni non si fermano qui.

Il primo a rompere il ghiaccio con un’invocazione al coraggio è stato Alessandro Onorato, assessore romano dal volto angelico.
Egli ha spronato Renzi a compiere un gesto generoso e a supportare una nuova gioventù politica.
Chiaramente, l’assessore si è scordato che Renzi non è esattamente il tipo che ama passare il testimone.
E mentre tutti si interrogano su chi possa essere il prescelto per lanciare la nuova operazione di Renzi, i nomi cominciano a circolare come palloni ad aria.
Tra le favorite, spunta Silvia Salis, sindaca di Genova, che però, intuendo il puzzo di bruciato, decide di prendere le distanze.
“Troppo presto?” Si chiedono gli osservatori.
Ma certo, chi vorrebbe entrare in un abbraccio mortale?
Nel frattempo, Manfredi e Sala, sindaci rispettivamente di Napoli e Milano, vengono considerati una soluzione di “usato sicuro”.
Ma esiste anche un’altra tendenza, quella dei “cacciatori di teste”, i quali invocano facce nuove, giovani e fresche.
Ironia della sorte, sembra che la freschezza sia proprio quel che serve ai dem, dato che la loro offerta politica ha il profumo dell’anzianità e della stantiness.
Ed ecco che, nella confusione generale, emerge il tandem Ruffini-Onorato.
Dopo giorni di indecisione, si sentono tagliati fuori dalla corsa, come due corridori lasciati alla partenza mentre il resto della compagnia già si dirige verso il traguardo.
Ruffini, l’uomo lanciato da Prodi, potrebbe trovarsi a dover recuperare terreno in un gioco dove le regole non sono mai chiare.
La domanda che aleggia sul Nazareno è: chi riuscirà a scritturare i dissidenti sotto l’ombrello della Quercia, mentre i fiori di margherita sbocciano inaspettatamente?
E così si continua a galleggiare nel mare della confusione.
Politici che sperano di guadagnare voti tra quelli che rifiutano categoricamente le loro proposte, un’escalation di veti incrociati, e protagonisti che sembrano più intenti a giocare al Risiko piuttosto che a risolvere i problemi concreti del Paese.
Già, perché mentre si discute su nomi e strategie, i cittadini rimangono a guardare, sempre più disillusi e lontani da un’offerta politica che li rappresenti veramente.
Nella danza dei nomi e delle alleanze, il vero rischio è che i centristi finiscano per danzare da soli, lasciando la scena a una politica che fa acqua, mentre ognuno cerca di salvarsi come può.
In questo teatro dell’assurdo, la mancanza di una visione chiara è palpabile.
I centristi disillusi, spaventati dall’ombra di Renzi e dai suoi casting politicanti, barcollano tra l’inevitabile e il necessario.
E alla fine, la grande domanda resta: chi avrà il coraggio di dar vita a un progetto realmente innovativo, capace di coinvolgere e ispirare un’elettorato ormai sfuggente?
Ai posteri l’ardua sentenza, mentre noi assistiamo impotenti al dramma politico italiano, in un continuo andirivieni di promesse vuote e polemiche senza fine.