
Le disgrazie automobilistiche, in città e fuori, continuano a insanguinare le nostre strade. Troppo spesso la causa è da ricondurre a piloti improvvisati e inadeguati, persone che si pongono alla guida senza la piena consapevolezza della responsabilità che essa comporta. La leggerezza con cui molti affrontano la guida, sommata a una crescente disattenzione, all’uso dei telefoni cellulari e a comportamenti imprudenti, alimenta un bilancio di vittime che sembra non avere fine. È un fenomeno ormai diffuso su scala mondiale, ma che nel nostro Paese assume contorni particolarmente drammatici per la combinazione di due fattori: la vetustà delle infrastrutture viarie e la potenza eccessiva dei veicoli moderni, sempre più sofisticati e in grado di raggiungere velocità elevate in pochi secondi. Una miscela esplosiva che trasforma ogni tratto di strada in una potenziale trappola mortale. Come ha ricordato il presidente del Centro Studi per la Giustizia e le Istituzioni, Emanuele Fierimonte, la recente tragedia che ha coinvolto Beatrice Bellucci, ventenne studentessa di Giurisprudenza, tifosa della Roma e promessa del volley, rappresenta l’ennesima ferita profonda nel tessuto della nostra comunità. Travolta da un’auto durante una folle corsa clandestina, Beatrice ha perso la vita, mentre un’altra giovane, Silvia, lotta ancora in ospedale tra la vita e la morte. “Un’altra strada che si trasforma in teatro di morte”, ha dichiarato Fierimonte, esprimendo il proprio profondo cordoglio alla famiglia Bellucci e la solidarietà a tutti i giovani che quotidianamente affrontano le insidie delle nostre strade. Ma, come lo stesso presidente ha sottolineato, il dolore non basta: è giunto il momento dell’azione, di un cambio di passo concreto e coordinato tra istituzioni, forze dell’ordine e cittadini. Fierimonte ha quindi proposto una serie di interventi urgenti per contrastare l’escalation di incidenti e restituire sicurezza ai nostri centri urbani. Tra le misure più immediate figura l’installazione capillare di sistemi di rilevamento automatico della velocità, come Velox e Vista-Red, su tutte le principali arterie ad alto rischio, tra cui via Cristoforo Colombo, Corso Francia e via Tiburtina. A questo si aggiunge il potenziamento dei controlli sui veicoli modificati, spesso utilizzati per gare clandestine, attraverso ispezioni mirate e sanzioni severe per chi altera le caratteristiche dei mezzi o partecipa a competizioni illegali. Altrettanto fondamentale è l’introduzione di un programma di educazione stradale obbligatoria nelle scuole superiori, capace di sensibilizzare i giovani sui rischi concreti della guida spericolata e delle corse clandestine. Infine, il presidente propone una collaborazione strutturata tra istituzioni locali e forze dell’ordine per monitorare e prevenire eventi non autorizzati, raduni e sfide automobilistiche improvvisate, che mettono a repentaglio la sicurezza pubblica e la vita di innocenti. Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che ha espresso profondo dispiacere per la morte di Beatrice Bellucci e ha ribadito la necessità di una stretta severa contro l’illegalità su strada. “Davanti a una tragedia così assurda – ha affermato Salvini – non si può restare indifferenti. Servono controlli più rigidi, pene esemplari per chi trasforma le strade in piste da corsa e una cultura del rispetto che parta dalle famiglie e dalle scuole.” Il ministro ha inoltre lamentato come troppi automobilisti “si sentano padroni dell’asfalto” e ha ricordato che la sicurezza non è solo un tema di repressione, ma anche di prevenzione e responsabilità collettiva. A tali proposte condivisibili si può aggiungere una riflessione che guarda al futuro della mobilità. La tecnologia dei veicoli moderni, se non regolata con lungimiranza, rischia di amplificare la pericolosità della guida. È necessario un cambiamento drastico, che parta non solo dal comportamento dei conducenti, ma dalla concezione stessa dei veicoli prodotti. Per questo motivo, sarebbe opportuno introdurre una limitazione strutturale della velocità massima a 80 km/h già in fase di fabbricazione, e non lasciare questa decisione alla discrezione dell’utente o dei sistemi di bordo. Un vincolo imposto alla fonte, direttamente all’uscita dalla fabbrica, ridurrebbe in modo significativo la gravità degli incidenti e il numero delle vittime, promuovendo un modello di mobilità più sicuro, sostenibile e umano. Non possiamo più permetterci che le nostre strade continuino a essere palcoscenici di morte, luoghi dove la vita si spezza per colpa della superficialità o dell’incoscienza di pochi. Ogni vita perduta rappresenta una ferita alla nostra coscienza collettiva e un fallimento per la società intera. È tempo che la tecnologia torni davvero al servizio dell’uomo, e non contro di lui. Rallentare non significa rinunciare al progresso, ma proteggerlo.