Se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla politica italiana negli ultimi anni è che nel campo progressista, la frammentazione è più che una semplice regola; è una vera e propria arte.

E qui ci troviamo, con il Partito Democratico (PD) e il Movimento 5 Stelle (M5S) a contendersi lo stesso bacino elettorale, mentre si scambiano gentilezze – quelle che assomigliano più a colpi bassi – in un linguaggio che potrebbe benissimo essere scritto da un comico surreale.

Nonostante la leadership di Elly Schlein, il PD fatica a intercettare nuovi elettori, mentre il M5S, a causa dell’efficacia del governo di destra, perde il suo elettorato popolare originario.

Un teatrino dell’assurdo, dove l’obiettivo sembra essere non tanto il bene del paese, quanto l’annientamento reciproco.

Un po’ come quei cartoni animati in cui il coyote insegue Beep Beep senza mai prenderlo, ma distruggendo tutto il paesaggio circostante.

Solo che qui, il paesaggio distrutto è la credibilità della politica italiana.

E intanto, mentre loro si azzuffano, qualcun altro si siede al tavolo e, sorridendo, incassa.

Perché, diciamocelo, a godere di questa situazione di stallo e di reciproco logoramento non sono certo i cittadini.

Anzi.

I cittadini, poveretti, si ritrovano a guardare questo spettacolo deprimente, chiedendosi quando finirà la farsa e quando, finalmente, qualcuno si deciderà a fare qualcosa di serio.

Ma forse, in fondo, è proprio questo il punto: la farsa non finirà mai.

È diventata la normalità.

E noi, spettatori impotenti, non possiamo fare altro che sederci in platea e aspettare il prossimo colpo di scena.

Magari, con un po’ di fortuna, qualcuno butterà qualche nocciolina.

Da un lato abbiamo Elly Schlein, una leader che sembra più una brava attrice che sta tentando di recitare una parte nella commedia della politica.

Non sfonda tra i lavoratori e i ceti medi, ma chi se ne frega?

Forse le piace l’idea di avere un pubblico di nicchia, come in un teatro off di provincia.

La sua retorica è tanto affascinante quanto astrusa.

Una volta ha detto “Ci battiamo per un’idea di società inclusiva”.

Non è chiaro se stesse parlando di un programma politico o di una riunione di condominio.

Dall’altro lato, c’è Giuseppe Conte, il nostro avvocato di fiducia, che ora sembra più un procuratore di una causa persa che un leader carismatico.

Ha provato a conquistare il Sud, ma non riesce a convincere neanche un barista a offrire un caffè scontato.

I meridionali, con il loro affetto per le promesse, ora lo guardano con scetticismo.

“Un altro avvocato che promette mari e monti?

Grazie, ma no grazie”, sembrano dire.

La sua abilità di comunicazione è paragonabile a quella di un notiziario locale: tanta burocrazia, poca sostanza.

E poi c’è l’opposizione, un puzzle incomprensibile fatto di pezzi che non si incastrano.

La somma aritmetica dell’opposizione, un bel 41,6%, non si traduce però in un’alternativa politica reale.

È quasi tragicomico: un gruppo di persone che si ritrova a contare i voti come i bambini sulla spiaggia, mentre il castello di sabbia che hanno costruito si scioglie sotto il sole dell’indifferenza.

Come giustamente osserva ItaliaOggi, l’opposizione è “divisa su tutto, tranne che nel linguaggio anti-governo”.

Sì, sono fantastici nell’unirsi contro qualcosa!

Se solo mettessero la stessa inventiva nel costruire un programma, forse potremmo finalmente iniziare a parlare di “alternativa”.

Ma no, restano abbarbicati sui loro slogan pop e sulle critiche al governo, dimenticando che il popolo ha bisogno di più di semplici frasi ad effetto.

Hanno il dono dell’ubiquità: riescono a apparire ovunque, eccetto che nei cuori e nelle menti degli elettori.

In questo marasma, gli italiani si trovano a scegliere tra due opzioni: continuare a perpetuare il circo delle promesse vuote o rimanere fedeli al governo attuale, che, pur con tutte le sue imperfezioni, sembra essere l’unico a fare qualcosa – buona o cattiva che sia.

E in tutto questo, i cittadini osservano increduli.

Che fine ha fatto il sogno di un’alternativa seria?

Si è perso nei meandri della frammentazione e del linguaggio senza contenuto.

Ma non preoccupatevi!

Ci saranno sempre nuove primarie, nuovi volti e nuove parole d’ordine.

Ed è esattamente così che l’opposizione continua a ballare su un palcoscenico di vetro: fragili e instabili, mentre il pubblico applaude, curioso di sapere chi sarà il prossimo a cadere.

Il PD può riprendersi solo unificando linguaggio e proposte sociali, cosa che al momento non riesce a fare.

Serve una maggiore capacità di sintesi, di individuare un nucleo di valori condivisi e di tradurli in politiche concrete che rispondano ai bisogni reali delle persone.

Il rischio, altrimenti, è di rimanere intrappolati in un dibattito sterile, autoreferenziale e incapace di intercettare le istanze che provengono dalla società civile.

La sfida è quella di costruire un’identità forte e riconoscibile, che sappia parlare al cuore e alla mente degli elettori, offrendo soluzioni credibili e innovative per affrontare le sfide del presente e del futuro.

Il potenziale per un nuovo centro è limitato; Azione e Italia Viva insieme non superano il 6%, insufficiente a riequilibrare la situazione.

Il 30% di elettori indecisi indica un’area fluida e non ostile al governo; molti si dichiarano “non delusi”, ma “in attesa”.

Di Admin

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