Un Esercizio di Ironia Economica

Ah, la meravigliosa isola di Cuba!

Paradiso tropicale, patria di sigari avvolti a mano e di rum che fa impallidire qualsiasi altra bevanda alcolica.

Ma, ahimè, non tutto è oro ciò che luccica.

Sì, avete indovinato: parliamo di comunismo! L’ideologia che, a detta dei suoi sostenitori, è il faro della giustizia sociale e dell’uguaglianza economica.

Nonostante il capitano Castro e i suoi successori abbiano promesso un futuro radioso, l’isola caraibica si ritrova intrappolata in una rete di contraddizioni che neanche le menti più brillanti potrebbero affrontare senza un forte caffè cubano.

Da un lato, i comunisti cubani affermano che il loro sistema economico è il migliore del mondo. La retorica è chiara: “Non abbiamo bisogno del capitalismo statunitense!”

Oh sì, gli americani possono anche tenersi i loro fast food e le loro auto di lusso.

Ma ecco il colpo di scena: quando gli Stati Uniti impongono un blocco navale per cercare di isolare l’isola, ecco che il pianto di dolore risuona fino a New York. “Siamo alla fame!”, gridano quelli che, ironia della sorte, hanno scelto un sistema che ha dimostrato di non saper gestire nemmeno un mercato di limoni.

Ma aspetta! Che dire del fatto che Cuba potrebbe commerciare liberamente con l’Unione Europea, la Cina, l’India, il Sud America, l’Africa, l’Australia e il Canada?

Oh sì, la lista è lunga, ma cosa hanno da offrire ai loro potenziali partner commerciali?

I famosi sigari e un po’ di rum, certo!

Forse qualche turista che si ferma a guardarli mentre tentano di danzare al ritmo di una musica che parla di libertà, ma con il freno della repressione.

Oltre a questo, non si scorge molto nella cassetta degli attrezzi commerciali cubana.

E qui arriva la vera chicca: la mentalità di invidia che aleggia tra i cubani.

Certo, ci sono le responsabilità storiche, i traumi collettivi, eccetera.

Ma ammettiamolo, è un po’ difficile trovare qualcuno che si prenda la responsabilità delle proprie scelte. “Volevamo il comunismo!” gridano, ma evidentemente non avevano messo in conto le conseguenze.

Le stesse persone che si lamentano del blocco navale sono le stesse che hanno salutato con entusiasmo la rivoluzione, pensando che i fratelli Castro avrebbero portato il Paradiso in Terra.

“Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, diceva un antico proverbio.

Ma a Cuba sembra che piangere non basti.

Un bel mix di autocommiserazione e rifiuto di affrontare la realtà.

Ma il vero problema non è solo la mancanza di beni materiali, ma una grave carenza di ideali praticabili.

L’ideale comunista, così affascinante sulla carta, si scontra con il muro della realtà: come si può costruire un futuro luminoso su fondamenta instabili fatte di ideologie obsolete?

E in tutto questo, non possiamo dimenticare di lanciare uno sguardo critico anche a noi italiani. Ah, l’Italia!

Terra di geniali artigiani e di storici monumenti, ma anche di una mentalità statalista radicata che non sembra voler abbandonare il sogno di un welfare che non può reggersi in piedi.

Siamo davvero così diversi dai cubani?

Forse il nostro destino non è così distante.

Una salutare lezione da apprendere: il comunismo, anche con tutte le sue promesse, è un naufragio senza scialuppa di salvataggio.

Ma non disperiamoci!

C’è sempre una speranza, anzi, un grande mito da sfatare.

Mentre Cuba continua a sventolare la bandiera rossa del comunismo, possiamo sperare che un giorno si sveglino dal sonno ideologico e comprendano che la libertà economica non è solo un concetto da utilizzare in un discorso, ma una necessità tangibile.

Fino ad allora, continueranno a ballare al ritmo delle loro canzoni nostalgiche, con un bicchiere di rum in mano e un futuro incerto di fronte.

Ecco un monito per tutti quei popoli che guardano con ammirazione ai modelli che si allontanano dal capitalismo. Siate avvertiti: non lasciatevi ingannare dalle sirene del comunismo. Ogni scelta ha le sue conseguenze, e a volte, quelle conseguenze possono trasformarsi in una vita di privazioni e incertezze. Chissà, magari un giorno i cubani avranno il coraggio di voltare pagina. Fino ad allora, continuiamo a sorseggiare il rum, a ridere amaramente e a scrivere saggi per spiegare le contraddizioni del mondo moderno.

Di Admin

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