
La recente approvazione unanime dell’emendamento, con il consenso dei partiti sia di maggioranza che di opposizione, in Commissione Giustizia, che modifica l’articolo 609-bis del codice penale, rappresenta un passaggio decisivo e profondamente significativo nella tutela della libertà sessuale in Italia, perché introduce, finalmente e con formulazione esplicita, il concetto di consenso come elemento costitutivo del reato di violenza sessuale, un cambiamento che allinea il nostro Paese alla Convenzione di Istanbul e agli standard già adottati in molte democrazie europee, e che segna il superamento di una visione ormai anacronistica basata quasi esclusivamente sulla prova di costrizione, minaccia o inganno. Peraltro, oggi, il principio si fa chiaro, diretto e inequivocabile, e se non c’è il consenso libero, esplicito e attuale, c’è violenza sessuale, e questo semplice enunciato racchiude una trasformazione culturale profonda perché sposta il baricentro dal comportamento della vittima alla responsabilità dell’autore, eliminando l’ambiguità che per anni ha permesso letture interpretative spesso distorte e dolorosamente insufficienti a proteggere chi subiva un abuso. Infatti, prima della riforma, la vittima era costretta a dimostrare di aver subito una qualche forma di costrizione fisica o psicologica, mentre ora diventa sufficiente provare l’assenza di un consenso realmente libero, volontario e presente nel momento dell’atto, un consenso che deve essere espresso in modo chiaro e non può essere presunto, dedotto o interpretato in maniera fantasiosa, un consenso che può essere revocato in qualsiasi momento e che, se ritirato, trasforma ogni prosecuzione dell’atto in violenza sessuale. E tutto questo nuovo impianto normativo introduce una concezione più moderna e rispettosa dell’autodeterminazione, perché tutela la capacità della persona di scegliere consapevolmente e senza pressioni, e riconosce che il rapporto sessuale non può mai essere considerato un automatismo o un vincolo irreversibile, neppure all’interno di una relazione stabile, affettiva o matrimoniale, superando così retaggi culturali che per decenni hanno minimizzato o giustificato comportamenti invasivi e profondamente lesivi. Giustamente, il legislatore definisce in modo rigoroso che il consenso deve essere volontario, informato, privo di condizionamenti, manifestato con chiarezza e accompagnato da piena capacità di autodeterminazione, escludendo radicalmente ogni situazione in cui la vittima si trovi in uno stato di inferiorità fisica o psichica, reale o indotta, o in cui venga ingannata o manipolata tramite sostituzione di persona, pratiche subdole che il nuovo testo considera forme autonome e aggravanti di violenza. Inoltre, la riforma conferma un quadro sanzionatorio severo, poiché, la pena per chi compie atti sessuali senza consenso libero e attuale, resta la reclusione da sei a dodici anni, un’estensione che ribadisce la gravità del reato e la volontà del legislatore di proteggere in modo efficace la sfera sessuale, come diritto fondamentale e inviolabile, pur mantenendo la possibilità di una diminuzione della pena nei casi considerati di minore gravità, un equilibrio che permette di riconoscere la complessità delle situazioni senza scalfire il principio cardine della riforma. Tuttavia, la portata di questo cambiamento è innanzitutto culturale perché introduce nel dibattito pubblico la necessità di un linguaggio più chiaro, di comportamenti più responsabili e di una consapevolezza più matura della centralità del consenso, e perché rafforza il messaggio che nessuna ambiguità, nessuna pressione, nessun silenzio può essere interpretato come un sì, rendendo il contesto giuridico più vicino alla realtà delle persone che subiscono abusi e più efficace nel contrastare un fenomeno ancora diffusissimo e spesso sommerso. Con questa riforma, l’Italia compie, dunque, un passo importante, coraggioso e atteso, che non risolve tutte le criticità, ma, almeno, definisce, finalmente, un principio limpido, moderno e giuridicamente solido. Quindi il rapporto sessuale è legittimo solo quando entrambe le persone partecipano con un consenso pieno, libero e attuale, ed ogni deviazione da questo principio è un atto di violenza.