
Ecco un esempio di come funziona la comunicazione dei principali media schierati politicamente di fronte a evidenze negative per i propri partiti di riferimento
In un’epoca in cui la verità è più flessibile di una bandiera al vento, ci troviamo di fronte a un curioso fenomeno mediatico che merita attenzione.
Prendiamo ad esempio la figura di Francesco Saverio Garofani, parlamentare del PD per tre legislature e ora “consigliere” del Presidente della Repubblica.
Ah, il buon Mattarella, sempre così imparziale!

È come se nel derby di Milano, l’arbitro si circondasse di ex dirigenti milanisti nel ruolo di VAR.
Chissà, forse la prossima volta ci offriranno anche un happy hour per stemperare la tensione.
Ecco che Garofani, il nostro eroe della sinistra, si lascia andare a qualche frase di troppo sul futuro del governo Meloni, un governo eletto democraticamente.
Ma di cosa stiamo parlando, davvero?
Parole imprudenti, che sembrano più un colpo di stato mascherato da caffè tra amici.
Ma i media, schierati politicamente come le squadre di calcio, non si concentrano su questo.
No, il vero scandalo è che un parlamentare di Fratelli d’Italia ha chiesto una smentita al nostro amico Garofani!
La vera tragedia, insomma.

La distorsione comunicativa qui non ha limiti.
Prendiamo le parole di Garofani, che potrebbero far tremare i polsi ai più audaci, e rigiriamole per seguire la narrazione desiderata.
È come se avessimo un coinquilino che sporca il bagno: invece di parlare con lui, ci concentriamo sul fatto che l’altro inquilino ha osato commentare la situazione.
Così, in un gesto degno del miglior circo, i media si divertono a rovesciare la frittata, ovviamente a uso e consumo di quei “crediluloni” che vivono la politica come se fosse una partita allo stadio.
Questa strategia non è una novità.
Da un lato abbiamo la sinistra che urla al colpo di stato di Garofani e dall’altra la destra che si preoccupa dell’interrogativo “dove sono le smentite?”.
È una danza macabra della comunicazione; una sorta di tango dove i partner cambiano passo ogni qual volta si solleva un vero problema.

Invece di concentrarsi sull’anomalia democratica rappresentata da un ex parlamentare che consiglia l’arbitro (ops, il Presidente!) si discute di un semplice scambio di battute tra politici.
E mentre il circo della comunicazione continua a girare, il popolo guarda, incredulo, come se fosse una sitcom di cui non conosce le battute.
“Ma perché tutto questo?” si chiederanno in molti.
Perché è molto più interessante attaccare chi fa domande scomode piuttosto che affrontare le questioni reali.

Ed ecco quindi che l’innocente richiesta di chiarimenti diventa il nuovo grande evento scandalistico, mentre l’aretino Garofani può continuare a tessere le sue trame come un abile burattinaio.
Fa quasi ridere se non fosse tragico.
E il peggio è che, mentre i politici si scambiano frecciatine e i media amplificano le polemiche, la vita reale, quella degli italiani comuni, passa silenziosa e inascoltata.
Dove sono le vere questioni?
Dove sono le proposte concrete?
Tutti a guardare il gioco delle comparse, mentre il palco principale è coperto da teli bianchi, per nascondere le magagne.
Quindi, in questa commedia degli equivoci, chi è il vero pagliaccio?
Sono i politici che giocano al “tiriamo giù il governo” o i giornalisti che preferiscono alimentare la confusione piuttosto che informare?
La risposta è chiara: entrambi.
Una squadra affiatata in un campionato di menzogne, dove il punteggio è solo un pretesto per accaparrarsi clic su clic, lettori su lettori.
La prossima volta che sentirete parlare di “attacco al Quirinale”, fermatevi un attimo e riflettete: chi stiamo ascoltando veramente?

E soprattutto, quale verità vogliamo cercare?
Nel frattempo, continueremo a ridere, o a piangere, a seconda di quanto forte è l’ironia della sorte.
Il vero spettacolo è qui, davanti a noi, e noi siamo il pubblico inattivo.
Chi vuole scommettere che il prossimo atto riserverà ulteriori sorprese?
Chi ha voglia di un’altra frittata?