
Ah, i centristi!
Quei politici navigati, sempre in bilico tra un voto a destra e uno a sinistra, come acrobati su una fune sottile.
Sì, perché se c’è una cosa che i cosiddetti “centristi” hanno imparato nel corso degli anni è che il miglior modo per garantirsi un seggio in Parlamento è non schierarsi mai completamente.
Un po’ di qui, un po’ di là, a seconda di come si svegliano al mattino.
Ma chi sono realmente questi centristi?
Permettetemi di presentarvi il club dei democristiani della peggiore specie.
Immaginate la scena: Matteo Renzi, Carlo Calenda, Luigi Marattin e qualche cespuglio qua e là, tutti insieme a brindare al loro sogno di un’Italia centrata.
Come se non bastasse, si sono messi in testa di formare un listone per raccogliere i voti di quell’elettorato sempre più polarizzato, mentre si contendono le briciole sotto il tavolo dei capibastone. Una bella lotta, non vi pare?

Ma quali sono le percentuali di consenso di questo improbabile centro?
In un’Italia dove la polarizzazione raggiunge picchi altissimi, questi signori scalpitano per ottenere qualche voto che, a conti fatti, è come cercare un ago in un pagliaio.
E se parliamo di legge elettorale, beh, la questione diventa ancora più complicata.
Con l’attuale sistema, l’unica chance per questi leader dei partiti dello zero virgola o del 2% è quella di modificare la legge elettorale in senso proporzionale, con una bassa soglia di sbarramento.
Altro che sogni dorati!
Senza questa modifica, Renzi, Calenda e Marattin dovrebbero rimboccarsi le maniche e cercarsi un altro lavoro.

Cosa piuttosto drammatica se si considera quanto possa essere precaria la vita politica di un centrista.
Ora, vi immaginate Renzi, Calenda e Marattin costretti a tornare nei loro rispettivi uffici?
A dover affrontare la realtà di un mercato del lavoro che, ahimè, non contempla la figura del “politico di centro”? Potrebbe essere divertente, se non fosse tragico.
Il progetto “centrista” di Carlo Calenda sembra così velleitario da sembrare uscito da un copione di una commedia teatrale di pessimo gusto.
Potremmo addirittura chiamarla “Una giornata uggiosa in Parlamento”.
Eppure, c’è un elemento di speranza – o possiamo dire di nostalgia?
Dopotutto, sembra che Fratelli d’Italia stia tornando a guardare con affetto alla legge proporzionale.
Ma siamo davvero sicuri che sia per amore della democrazia o solo per il desiderio di sistemare i conti con i “piccoletti” del mondo politico?
In un futuro non così lontano, potremmo assistere a una riunione storica.
Immaginate i centristi che si ritrovano in un angolo buio di una sala riunioni, discutendo su come superare lo sbarramento elettorale, abbracciati al concetto di un’alleanza contro natura.
Dopo aver accolto la proposta di un supermercato dell’eterogeneità politica, si ritroveranno a fare fronte comune per entrare nell’aula “sorda e grigia” del Parlamento.
Certo, una volta entrati, ognuno tornerà a camminare in solitaria, senza nemmeno un ciao per i vecchi compagni di viaggio.
E così, il circo delle alleanze politiche continua. Il progetto centrista rimane lì, sospeso nel limbo dell’irrilevanza, ma con la speranza che qualcosa cambi.
Una specie di miraggio in un deserto politico, dove ogni tanto rispunta una nuova oasi, giusto per illudere i cammelli assetati di voti.
Ma al di là delle illusioni, resta il fatto che gli italiani sono stanchi di compromessi. Hanno bisogno di concretezza, di ideali ben definiti, di politici che non si nascondano dietro a frasi fatte e promesse vuote.
La risposta a questa domanda è semplice: serve un partito forte, una vera alternativa che non giochi a nascondino tra destra e sinistra. Invece, i nostri centristi continuano a flirtare con l’idea di esistere, mentre il loro pubblico sempre più disilluso si allontana, cercando risposte altrove.
Magari verso quei partiti populisti che promettono fuoco e fiamme, ma senza preoccuparsi di chi potrebbe bruciare nella fiamma della loro retorica incendiaria.
In sostanza, cari lettori, il futuro dei centristi sembra sempre più incerto.
Si troveranno tutti a scrutare il panorama da un angolo defilato, a combattere per rimanere a galla in un mare di polarizzazione.
E mentre cercano di salire sulla barca dei partiti che sbarcano sugli scogli della politica italiana, ci sarà sempre qualcuno pronto a ridere della loro incertezza.
Perché, alla fine, chi non ha un’ideologia chiara finisce per diventare parte del grande spettacolo della politica: una commedia dell’assurdo, dove la trama è tanto confusa quanto il finale è aperto.
Vi saluto, quindi, con un invito a riflettere: avete mai provato a chiedervi quale sia il problema reale dei centristi?
È ora di metterli di fronte a una verità scomoda: senza una direzione chiara, sono destinati a rimanere sulla soglia, sempre indecisi, sempre in attesa di approvazione da parte di una coalizione che potrebbe non arrivare mai.
E l’ironia della sorte è che, mentre si sforzano di trovare un’identità comune, colui che avrà il coraggio di prendere posizione potrà finalmente colmare quel vuoto lasciato dalla loro ambiguità.
Finchè ci sarà spazio per la comicità in questa tragicommedia politica, a noi non resta che goderci lo spettacolo e prepararci a nuove sorprese, perché, alla fine, nella politica italiana tutto è possibile – e spesso anche l’impossibile.