Una volta, c’era un continente che si chiamava Europa

Era un bel posto, pieno di culture, tradizioni millenarie e, soprattutto, di famiglie… o almeno così si pensava.

Oggi, però, la scena è cambiata e le famiglie si trovano in una situazione piuttosto grottesca.

La Commissione Europea, in un gesto di audace innovazione sociale, ha negato l’accesso ai fondi per la realizzazione di progetti alla Fafce, la Federazione delle associazioni familiari cattoliche europee.

Motivo? S

emplice: chi mette al centro della propria attività le famiglie tradizionali, basate sul matrimonio tra uomo e donna, relega al margine i suoi principi di uguaglianza e contribuisce a veicolare informazioni “limitate” sulla disparità di genere.

Ah, l’ironia!

Mentre ci si preoccupa dell’inverno demografico, con le sole notizie riguardanti tassi di natalità che continuano a scendere come i prezzi delle azioni di una startup fallita, si chiudono le porte a chi prova a fare qualcosa.

Dopotutto, rimanere ancorati a visioni familiari antiquate non può certo aiutarci ad affrontare il futuro, vero?

È evidente che la vera soluzione si trova nei vari “modelli alternativi” e nei mirabolanti schemi di genitorialità che promettono di salvarci dalla crisi demografica, mentre nel frattempo donne e uomini continuano a chiedersi cosa caspita sia successo ai loro sogni di avere una famiglia numerosa.

Le statistiche parlano chiaro: il tasso di sostituzione, quel numero magico che garantirà la continuità della popolazione (teoricamente fissato a 2,1 figli per donna), è ormai un miraggio.

Gli Stati membri dell’UE falliscono a raggiungerlo, eppure a nessuno sembra importare veramente.

Ma perché preoccuparsi, quando ci sono questioni ben più urgenti da risolvere, come il Feng Shui dei divani negli uffici pubblici o il corretto posizionamento delle piante nei cortili?

E mentre la Fafce viene esclusa dai finanziamenti, altre iniziative fioriscono, ma solo se accompagnate da un bouquet di parole ‘inclusive’, ‘progressiste’ e ‘sostenibili’.

E qui comincia la commedia tragica.

Le famiglie tradizionali, abbandonate a se stesse, riflettono su cosa significhi essere genitori nel XXI secolo: una lotta contro un sistema che non solo ignora, ma deride anche.

Ci si chiede: il Vecchio Continente ha davvero intenzione di rimanere tale?

E se sì, a quale costo?

Ecco dove entra in gioco il sottile strato di sarcasmo: siamo tutti d’accordo nell’affermare che avere figli è fondamentale per garantire il futuro dell’umanità.

Ma se lo si fa nel modo sbagliato – seguendo i vecchi valori familiari – si rischia di essere bollati come retrogradi, incapaci di adattarsi a un mondo che cambia.

Così, mentre si ascoltano chiacchiere sull’importanza della diversità e dell’equità, ci si chiede ironicamente se non sarebbe più semplice tornare a concetti base come “famiglia” e “matrimonio” senza dover passare attraverso i lenti meccanismi burocratici della modernità.

In questo crescente disinteresse per il concetto di famiglia tradizionale, sorge un dubbio inquietante: chi deciderà davvero il futuro delle famiglie in Europa?

Sarà la Commissione Europea, concentrata sulle sue battaglie ideologiche, o saranno i cittadini normali, quelli che ogni giorno combattono per crescere i propri figli, senza l’ausilio di linee guida imposte dall’alto?

Eppure, mentre il dibattito si infiamma, i giovani rimangono intrappolati in una rete di incertezze.

In una società che premia l’individualismo e la libertà di scelta, ci si ritrova a dover scegliere tra il desiderio di una famiglia e la pressione di conformarsi a un ‘nuovo’ modello sociale, lasciando sempre più gente a chiedersi se sia davvero possibile applicare il plurale “famiglie” a un contesto così eterogeneo.

La questione del sostegno alle famiglie va oltre la mera distribuzione di fondi; è una questione identitaria. Se l’Europa vuole preservare le sue radici, è cruciale che riconosca il ruolo della famiglia tradizionale e ne valorizzi il contributo nella società.

Tuttavia, la negazione di accesso ai fondi per la Fafce sembra segnalare un’allerta: il futuro, secondo certi illuminati, è fatto di famiglie “alternative”, e chi non si adatta viene lasciato nel limbo della marginalità.

Ma la verità è che i numeri parlano chiaro: l’Europa non può permettersi di ignorare il proprio inverno demografico.

E, mentre si rifiutano fondi a chi lavora per promuovere le famiglie basate sul matrimonio, ci si chiede quale sia il piano B.

Perché a quanto pare, ignorare il problema non lo risolverà; né tantomeno aiuterà quelle coppie in cerca di un futuro.

Sarà un circolo vizioso, quello in cui i principi di uguaglianza si scontrano con la realtà delle famiglie e la necessità di dare origine a nuove generazioni.

Dunque, mentre ci divertiamo a dibattere dei modelli di famiglie del futuro, potremmo anche ricordarci che il tasso di sostituzione potrebbe rimanere un sogno irraggiungibile, finché non si decida di investire seriamente e sinceramente nelle famiglie.

E chissà, forse un giorno ci sveglieremo per scoprire che l’Europa, sebbene avvolta nel suo inconfondibile paradosso, ha finalmente trovato una via per tornare a essere un luogo di speranza e crescita, non solo di statistiche agghiaccianti e penny wise pound foolish.

In conclusione, mentre aspettiamo di vedere se la burocrazia europea sarà capace di superare sé stessa e trovare un modo per integrare tutte le forme di famiglia, possiamo certamente divertirci a osservare la commedia degli errori che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi.

Rimanendo, però, sempre con una mano sul cuore e l’altra a scrivere lettere aperte a Bruxelles.

Chi può dirlo?

Forse un giorno, nel bel mezzo di questo inverno demografico, la Commissione si deciderà a dare una chance alla tradizione.

Sarà notte fonda, ma chissà, la primavera potrebbe essere dietro l’angolo.

Di Admin

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