
Una satira sulla NATO e l’UE
Cristofer Landau;
Ah, Bruxelles, la città dove i sogni di cooperazione transatlantica vanno a morire, soffocati dai silenziosi labirinti della burocrazia.
Durante il mio recente viaggio per la riunione ministeriale NATO, mi sono reso conto che gli Stati Uniti, da bravi compagni di avventura, hanno afferrato un bel pallone pieno d’aria calda: la cosiddetta “relazione” con la NATO e quella con l’Unione Europea.
È come cercare di abbinare il vino con il pesce… mentre si mangia hamburger e patatine fritte.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Le stesse nazioni che indossano il cappello della NATO, proclamando la loro devozione alla cooperazione transatlantica — il nostro sacro graal della sicurezza comune — si trasformano in creature del buio non appena si tratta di indossare il berretto dell’UE.
A quel punto, sembra che abbiano dimenticato tutto ciò che sanno sugli interessi degli Stati Uniti e su come la loro sicurezza debba essere sinonimo di… beh, autodistruzione.
Censura, suicidio economico, fanatismo climatico?
Ma che novità!
Chi non ama vivere in un clima di paura e incertezza?
L’idea che le frontiere possano rimanere aperte, mentre i paesi europei si cimentano nell’arte di ignorare la sovranità nazionale è semplicemente deliziosa.
E non dimentichiamo il supporto per la Cuba comunista.
Oh, la nostalgia di un passato che mai si è realmente concluso!
Ma torniamo al cuore del problema: questa incredibile incoerenza non può continuare.
E chi lo dice?
Sì, proprio io, l’uomo che ha visto troppi bei sogni svanire tra i corridoi di Bruxelles.
O noi, le grandi nazioni d’Europa, siamo partner nella protezione della civiltà occidentale (che, per inciso, è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri antenati), oppure non lo siamo affatto.
Non possiamo continuare a fare finta che siamo soci quando, in realtà, la burocrazia non eletta, non democratica e non rappresentativa della UE sta guidando il tram verso il baratro.
Immaginate un mondo in cui ci incontriamo tutti attorno a un tavolo – un tavolo vero, non quello imbottito di ipocrisia – e discutiamo delle nostre differenze, non per trovare un compromesso zuccherato, ma per riconoscere che ci sono cose che non possono e non devono essere negoziate. Come la libertà, la sicurezza e, azzarderei, una sana dose di scetticismo nei confronti di tutto ciò che profuma di centralismo europeo.
In questo scenario, le nazioni europee dovrebbero smettere di permettere alla burocrazia di Bruxelles di investire miliardi in politiche che, come un treno deragliato, portano solo verso un destino incerto.
Dobbiamo tornare a un’idea semplice: proteggere i valori e gli interessi comuni.
Ciò significa che dobbiamo affrontare il fatto che non possiamo permettere che le nostre relazioni internazionali si sgretolino sotto il peso di politiche che non rappresentano nemmeno la volontà dei cittadini.
E così, eccoci qui, a navigare in un mare di contraddizioni.
Gli Stati Uniti hanno bisogno di amici veri in Europa, non di comparse che indossano maschere diverse per diversi eventi.
Se davvero vogliamo costruire una collaborazione efficace, dobbiamo abbandonare le ambiguità e decidere una volta per tutte da che parte stiamo.
Siamo pronti a difendere la nostra civiltà o no?
E se sì, chi ha il coraggio di dirlo?
Quindi, cittadini d’Europa, svegliatevi!
Non possiamo più tollerare una situazione in cui le stesse nazioni che dovrebbero custodire i valori occidentali si lasciano andare a politiche suicidiarie.
È ora di riscrivere il copione, di sostituire la trama di questa commedia dell’assurdo con qualcosa di veramente significativo.
Perché, alla fine dei conti, la vera domanda non è se gli Stati Uniti possono contare sull’Europa, ma se l’Europa è disposta a mettersi in gioco per una causa che va oltre l’egemonia burocratica di Bruxelles.
Il tempo di scegliere è ora, e chi sa, forse un giorno potremmo tutti riunirci per brindare a una nuova era di vera cooperazione.
O magari finiremo solo a bere acqua, mentre osserviamo la nave affondare.