
La Casa Bianca di Trump ha scatenato una tempesta globale chiedendo alla Corte Penale Internazionale di garantire che non indagherà mai su Donald Trump, il suo vicepresidente o i suoi massimi funzionari della Difesa, né ora né in futuro.
Gli Stati Uniti sono uno dei firmatari originari della Carta della CPI, ma il Senato non ha mai ratificato il “Trattato” (come era legalmente definito!), quindi gli Stati Uniti non riconoscono alcuna autorità della CPI sulle sue azioni o sui suoi cittadini!
La CPI ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi, ma non è un’agenzia delle Nazioni Unite, nonostante sia stata creata per perseguire i crimini più odiosi che preoccupano la comunità internazionale nel suo insieme, il genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione.
L’amministrazione Trump ha imposto sanzioni a funzionari della CPI che indagavano su presunti crimini di guerra commessi da personale statunitense in Afghanistan, ma l’amministrazione Biden aveva revocato tali sanzioni.
La richiesta del presidente Trump era giuridicamente corretta, data l’incompetenza della CPI in materia, ma la minaccia è stato a mio parere un errore.
Queste richieste sono proprio il motivo per cui il resto del mondo ride di Trump e degli Stati Uniti.
A tale richiesta si è aggiunta una minaccia straordinaria: se la CPI si rifiutasse, l’amministrazione prenderebbe in considerazione sanzioni contro la Corte e le persone che vi lavorano.
Secondo alcune fonti, i funzionari di Trump avrebbero anche insistito affinché la CPI interrompesse le indagini in corso sulle azioni statunitensi in Afghanistan e sulla condotta della leadership israeliana durante il conflitto di Gaza.
Invece di collaborare con la principale istituzione mondiale per i crimini di guerra, l’amministrazione la sta spingendo a farsi da parte, minacciando ritorsioni.
Per qualcuno che spesso si dichiara paladino di “legge e ordine”, l’improvvisa decisione di Trump di proteggersi da qualsiasi futura responsabilità solleva seri interrogativi.
Nessun precedente presidente americano ha mai cercato di imporre con la forza alla CPI l’immunità a vita.
Questo momento segna una rottura radicale con le norme consolidate e mette in luce quanto la Casa Bianca di Trump sia disposta a fare per proteggere il presidente da ogni controllo.
Un funzionario ha persino ammesso che c’è una crescente preoccupazione che la CPI possa esaminare le azioni di Trump una volta che avrà lasciato l’incarico.
Invece di affrontare queste preoccupazioni con trasparenza, l’amministrazione sta optando per minacce e tattiche di pressione che minano la giustizia internazionale.
Il messaggio inviato alla comunità globale è chiaro: qualsiasi tentativo di indagare su Trump potrebbe avere conseguenze.
Tuttavia, questa posizione aggressiva solleva anche un interrogativo più ampio.
Quando un leader chiede l’immunità totale molto prima che esistano accuse, si innescano naturalmente speculazioni su ciò che teme possa emergere.
L’intero episodio si aggiunge alla crescente lista di stress test che la democrazia americana deve affrontare.
Invece di rafforzare la responsabilità, l’amministrazione Trump sta cercando di mettere il presidente al di fuori della portata delle istituzioni progettate per garantire la giustizia in tutto il mondo.