
In un momento di profonda frammentazione politica, l’area liberale italiana vive una stagione di fermenti e divisioni.
Da un lato, Roberto Occhiuto prova a rilanciare i valori berlusconiani dentro Forza Italia; dall’altro, Carlo Calenda e Luigi Marattin lavorano a un partito unico riformista e autonomo.
Due percorsi paralleli che interrogano il futuro dei moderati nel bipolarismo italiano.
L’evento “In libertà, pensieri liberali per l’Italia”, tenutosi il 17 dicembre a Palazzo Grazioli – storica residenza romana di Silvio Berlusconi – ha rappresentato una “scossa liberale” per Forza Italia. Organizzato dal presidente della Regione Calabria e vicesegretario Roberto Occhiuto, con il supporto di Andrea Ruggieri, il convegno ha superato ogni aspettativa: oltre 350 partecipanti, tra cui circa 22 parlamentari azzurri (un terzo dei gruppi parlamentari), imprenditori come l’ad di Tim Pietro Labriola e figure come Licia Ronzulli, Giorgio Mulè, Alessandro Cattaneo e Claudio Lotito.
Occhiuto ha insistito: non si tratta di una corrente interna né di una sfida diretta ad Antonio Tajani, ma di un ritorno ai valori liberali del 1994, per ringiovanire il partito e spingere Forza Italia verso il 20% nei sondaggi, anziché “galleggiare” all’8-9%.
Ha lodato Giorgia Meloni come “il leader più autorevole d’Europa”, ma ha posto una domanda chiave: “Basta Meloni al centrodestra?
Serve un contributo liberale forte”. Tajani, dal canto suo, ha minimizzato, ribadendo la propria ricandidatura al congresso del 2027 e definendo il partito “aperto”.
Parallelamente, nel campo del centro autonomo, Carlo Calenda (leader di Azione) e Luigi Marattin (segretario del Partito Liberaldemocratico) accelerano verso un partito unico “riformista, liberale e popolare”.
Annunciato in autunno con proposte comuni sulla manovra economica (detassazione premi di produttività, sostegno al ceto medio, investimenti in difesa e sanità), il progetto mira a creare un’alternativa ai “due populismi”: la destra sovranista e la sinistra derivante verso Conte e Avs.
L’obiettivo è chiaro: un contenitore pronto entro il 2026, in vista delle politiche 2027, per intercettare l’elettorato moderato deluso dai poli maggiori. Calenda e Marattin parlano di un’offerta politica duratura, non solo elettorale, atlantista, pro-concorrenza e riformista.
Due anime liberali, destini diversi?
L’area liberale italiana resta storicamente divisa: da un lato i “liberali di centrodestra” come Occhiuto, che puntano a rafforzare l’ala moderata nella coalizione di Meloni; dall’altro i “liberali autonomi” di Calenda-Marattin, che rifiutano alleanze con i poli e sognano una terza via credibile.
A breve termine, Occhiuto potrebbe emergere come erede naturale di Tajani, soprattutto se il congresso 2027 aprirà una competizione interna.
Calenda e Marattin, invece, rischiano di consolidarsi solo se supereranno il 10% nei sondaggi, attirando delusi da Pd e Fi.
In un Paese dominato dal bipopulismo, i liberali potrebbero diluirsi nei due schieramenti maggiori o, al contrario, diventare l’ago della bilancia.
Molto dipenderà dalla capacità di questi leader di unire forze frammentate e parlare a un elettorato moderato in cerca di casa.
Il 2027 dirà se resterà un liberalismo forte o solo echi del passato berlusconiano.
La domanda finale è, ma quanti liberali esistono? 2, un aggettivo ed un sostantivo
Stefano Maria Cuomo
Presidente
Liberali Moderati