Nardò (LE), nel cuore del Salento, entra nel dibattito nazionale sulla memoria degli anni di piombo con una decisione destinata a far discutere. Il Comune leccese ha infatti intitolato una scuola a Sergio Ramelli, studente milanese e militante del Movimento Sociale Italiano, ucciso nel 1975 da un commando di estremisti di sinistra. Si tratta, secondo quanto sottolineato dall’amministrazione comunale, della prima scuola in Italia a portare il suo nome. La scelta ha un forte valore simbolico e politico. Sergio Ramelli aveva appena diciotto anni quando, il 13 marzo 1975, venne aggredito sotto casa a Milano con chiavi inglesi da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia. Morì dopo oltre un mese di agonia, il 29 aprile. La sua vicenda è diventata negli anni uno dei simboli delle vittime della violenza politica di matrice opposta a quella più spesso ricordata nel racconto pubblico degli anni Settanta. L’intitolazione della scuola è stata approvata dal Consiglio comunale di Nardò dopo un iter amministrativo che ha coinvolto anche la Prefettura. Per il sindaco e la maggioranza che sostengono l’iniziativa, non si tratta di un’operazione ideologica, ma di un atto di riconoscimento verso una giovane vittima dell’odio politico. “Ramelli era prima di tutto uno studente, è stato ribadito, e ricordarlo in una scuola significa affermare il valore della vita e il rifiuto di ogni violenza”. Non sono mancate, tuttavia, le polemiche. Alcune forze politiche di opposizione e associazioni hanno criticato la scelta, ritenendola divisiva e non sufficientemente condivisa. Secondo i detrattori, intitolare una scuola a una figura legata, seppur come vittima, a una stagione segnata da forti contrapposizioni ideologiche rischia di riaprire ferite mai del tutto rimarginate. Altri sottolineano come la memoria delle vittime degli anni di piombo dovrebbe essere coltivata in modo unitario, senza selezioni percepite come di parte. Il dibattito che si è acceso a Nardò riflette una questione più ampia e irrisolta nel Paese, come raccontare e trasmettere alle nuove generazioni la storia della violenza politica che ha attraversato l’Italia repubblicana. Per decenni, la memoria pubblica si è concentrata prevalentemente sulle stragi e sul terrorismo di estrema destra, mentre solo più recentemente si è iniziato a parlare con maggiore attenzione anche delle vittime della violenza di sinistra. La figura di Sergio Ramelli è diventata negli anni un riferimento soprattutto per l’area della destra italiana, che ne ha fatto un simbolo del proprio dolore e della propria richiesta di riconoscimento. Allo stesso tempo, storici e studiosi invitano a contestualizzare la sua storia all’interno di una stagione segnata da un clima di radicalizzazione diffusa, in cui l’appartenenza politica poteva trasformarsi in una condanna. A Nardò, intanto, la scuola che porterà il suo nome si prepara ad affrontare questa eredità complessa. L’amministrazione ha annunciato l’intenzione di accompagnare l’intitolazione con iniziative culturali e didattiche dedicate alla riflessione sugli anni di piombo, sul valore del pluralismo e sul rifiuto della violenza come strumento di lotta politica. Che la decisione piaccia o meno, un dato appare chiaro che l’intitolazione della prima scuola italiana a Sergio Ramelli riporta al centro dell’attenzione una pagina difficile della storia recente e costringe il Paese a interrogarsi, ancora una volta, su come costruire una memoria condivisa capace di parlare ai giovani senza semplificazioni né rimozioni.