“La Nato non ha abbastanza truppe”, torna la leva?

De Ficchy Giovanni

E’ la frase più ripetuta da almeno un decennio da strateghi e diplomatici dell’Alleanza Atlantica. 

Le scelte strategiche compiute dall’Europa nei primi anni Novanta in materia di sicurezza hanno definito trent’anni dopo una traballante impalcatura difensiva. 

La fine dell’Impero Sovietico, e l’incapacità da parte dei restanti avversari dell’Occidente di rappresentare una minaccia esistenziale, hanno creato una condizione peculiare per il Nostro Continente: fare a meno di masse di uomini pronti alla guerra.

L’evoluzione degli scenari internazionali sta portando in Europa ad una rinnovata percezione del rischio di un possibile conflitto convenzionale prolungato, di tipo simmetrico tra pari, ossia tra entità statuali tradizionali, con caratteristiche, ampiezza e pericolosità ben diverse dalle “operazioni di pace” cui le opinioni pubbliche occidentali sono state abituate da oltre vent’anni.

Dall’inizio del conflitto, in Ucraina, nel nostro paese, e più in generale in tutta Europa, sta prendendo corpo, l’ipotesi della reintroduzione della leva.

L’alleanza ha trasformato il suo quartier generale, un tempo sonnolento, in un comando di guerra concentrato sulla Russia.

l’Alleanza Atlantica, elabora i suoi nuovi piani di guerra per difendersi da un potenziale attacco russo , in tutte le direzioni possibili , esta disponendo , l’artiglieria e le munizioni e i mezzi semoventi.

Naturalmente, le ipotesi allo studio sul ripristino della leva che animano il dibattito non sembrano però riguardare  un semplice ritorno al servizio di leva come nel passato, quello che era destinato a dare vita ad eserciti di massa composti quasi esclusivamente da coscritti, ma proporrebbero forme innovative e selettive di coscrizione obbligatoria, destinate ad integrare ed affiancare le attuali forze professionali con una componente di supporto e di riserva, da mobilitare in caso di necessità.

L’obiettivo potrebbe essere raggiunto, in Italia introducendo un servizio di leva limitato e selettivo, fortemente innovatore rispetto ai modelli del passato e di breve durata, orientato alla sola formazione militare di base e che privilegi gli aspetti tattici dell’addestramento rispetto a quelli formali.

Si ipotizza per la nuova naja un servizio in grado di fornire alle Forze Armate il personale da adibire a mansioni di seconda linea da attivare in caso di crisi o di grave emergenza nazionale, compiti, analoghi a quelli svolti negli eserciti anglosassoni dalle componenti di riserva volontaria , come la National  Guard statunitense, il Territorial Army britannico o le simili formazioni australiane.

Si punta decisamente sul “modello scandinavo”, che è un sistema che si è dimostrato in grado di dare vita a strumenti militari flessibili, capaci di evolversi in tempi brevi per fronteggiare condizioni geo-politiche mutevoli.

Solo una piccola percentuale dei soggetti costituenti ogni singola classe di leva viene effettivamente arruolata, con preferenza accordata a quanti richiedono volontariamente di prestare servizio.

Per costituire una riserva di circa 20.000 uomini e donne mobilitabili all’emergenza potrebbe essere sufficiente arruolare ogni anno non più di 4.000 coscritti, da iscrivere nei ruoli della riserva per 5 anni.

In ogni caso in tutta Europa, la sola ipotesi del ripristino del servizio militare sta creando non pochi cambiamenti dal punto di vista sociologico, questo concetto infatti incide profondamente sulla percezione che una società ha della sua propria natura e del suo futuro, sulla dipendenza dei governati dal potere Sovrano, e dallo spirito di sacrificio, che le generazioni hanno attualmente.

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