De Ficchy Giovanni

Così improvvisamente, con il conclave e l’elezione di Leo XIV, si è di nuovo avvertita “l’autorità morale” della chiesa a livello mondiale

Quella stessa autorità che sembrava sopita sotto il peso degli scandali e delle crisi interne, era riemersa, vigorosa, quasi inaspettata. L’elezione, rapida e relativamente pacifica, aveva sbalordito i più cinici osservatori, abituati a conclavi lunghi e travagliati.

Leone XIV, un volto nuovo, un profilo meno esposto, aveva incarnato la stanchezza per le lotte intestine e il desiderio di un ritorno alla purezza del messaggio evangelico.

Le sue prime parole, semplici e dirette, avevano colpito nel segno, parlando di umiltà, di servizio, di accoglienza.

E subito, quell’eco antica, quella risonanza profonda che la Chiesa cattolica sa ancora suscitare, si era propagata nel mondo.

Dai palazzi del potere alle baraccopoli dimenticate, dalle redazioni dei giornali ai salotti intellettuali, si discuteva, si analizzava, si sperava.

Che fosse un’illusione passeggera o un reale cambiamento, solo il tempo lo dirà.

Ma per ora, l’autorità morale della Chiesa, incarnata in Leone XIV, era tornata a farsi sentire, prepotente, nel panorama globale.

Un’autorità fragile, certo, minacciata da mille insidie, ma indubbiamente presente.

Un’autorità da misurare non tanto nel numero dei fedeli o nella potenza economica, quanto nella capacità di ispirare, di consolare, di guidare.

L’universalità del cristianesimo, svincolata da un singolo popolo, continua a risuonare nelle folle reali e virtuali di tutto il mondo.

Questo messaggio di salvezza, offerto a tutti senza distinzioni di razza, lingua o condizione sociale, ha permesso al cristianesimo di radicarsi in culture diverse, assumendo forme e sfumature peculiari pur mantenendo un nucleo dottrinale comune.

La sua capacità di adattamento, la sua promessa di redenzione e la sua enfasi sull’amore universale lo hanno reso un potente motore di cambiamento sociale e un faro di speranza per miliardi di persone.

È proprio l’universalismo cristiano a essere avvertito oggi come capace di catturare una risposta ai problemi di un mondo globalizzato, molto più ampio di quello imperiale romano, che ha reso la nostra società in molti modi più libera e più interconnessa, ma che ha anche generato scarti, prodotto emarginati, ampliato disuguaglianze estreme a livello planetario.

Anche nell’era digitale, questa universalità si manifesta attraverso comunità online, servizi religiosi in streaming e piattaforme di discussione che connettono credenti di ogni angolo del globo, dimostrando la perdurante rilevanza di un messaggio nato duemila anni fa.

La tecnologia, lungi dal soppiantare il bisogno di trascendenza, si rivela uno strumento potentissimo per diffonderlo e alimentarlo. L’anonimato e la distanza fisica che caratterizzano il mondo virtuale paradossalmente favoriscono la condivisione di esperienze spirituali, la ricerca di risposte esistenziali e il confronto su tematiche etiche e morali.

Le barriere geografiche si dissolvono, permettendo a persone con background culturali e sociali diversissimi di dialogare e di sentirsi parte di un’unica, grande famiglia spirituale, a prescindere dal credo specifico professato.

Questa democratizzazione dell’accesso al sacro, unita alla flessibilità e alla comodità offerte dal digitale, contribuisce a mantenere vivo e pulsante un dialogo millenario tra l’uomo e il divino, adattandolo alle esigenze e alle dinamiche del XXI secolo.

E non solo.

Questa evoluzione tecnologica permette anche una personalizzazione senza precedenti dell’esperienza spirituale.

App, podcast, siti web dedicati offrono contenuti mirati, percorsi di meditazione guidata, interpretazioni personalizzate di testi sacri, creando un ambiente dove l’individuo può plasmare il proprio cammino spirituale in base alle proprie inclinazioni e necessità.

Si tratta di un’opportunità per superare le rigide strutture tradizionali e abbracciare una spiritualità più fluida, inclusiva e adatta al singolo. Certo, questa democratizzazione porta con sé anche delle sfide.

La proliferazione di informazioni online richiede un occhio critico per distinguere fonti autorevoli da interpretazioni distorte o addirittura pericolose.

La mancanza di un contatto fisico e comunitario può, per alcuni, rendere più difficile la pratica spirituale.

Ma, nonostante questi ostacoli, la digitalizzazione della spiritualità rappresenta una potente risorsa per nutrire la nostra dimensione interiore e connetterci con il trascendente in un mondo sempre più frenetico e complesso.

Le tv internazionali hanno seguito in diretta l’elezione con grande risalto, i giornali di tutto il mondo le hanno dato e continuano a darle ampio spazio.

Si sprecano le paginate dei giornali più importanti, non solo in Italia: un interesse quasi vampiresco sul papato che mi pare senza precedenti.

Perché questo accade?

Certo, la figura è centrale, e il potere simbolico incommensurabile.

Ma questa morbosità, questo scandagliare ogni dettaglio, ogni sospiro, ogni presunta frizione interna, è francamente eccessivo. Forse è la crisi generale, la perdita di riferimenti saldi, che spinge a cercare un ancoraggio, anche effimero, in un’istituzione che, bene o male, rimane un faro nella tempesta.

Oppure è semplicemente la natura umana, la voglia inestinguibile di ficcare il naso negli affari altrui, specialmente se questi affari si svolgono tra le sacre mura vaticane.

Qualunque sia la ragione, mi pare che si stia perdendo di vista la sostanza, il messaggio, la funzione che la Chiesa dovrebbe svolgere. Siamo troppo presi dalla forma, dall’aneddoto, dal gossip, e troppo poco interessati al contenuto, alla spiritualità, alla carità.

E forse, in fondo, è proprio questo che alimenta l’interesse vampiresco: una profonda crisi di valori che ci spinge a cercare consolazione nel voyeurismo istituzionale.

Perché improvvisamente si è di nuovo avvertita quella che qualcuno ha chiamato l’autorità morale della chiesa a livello mondiale?

È la dimensione universalistica del cristianesimo e la sua assenza di vincolo a un singolo popolo a risuonare ancora nelle folle in piazza San Pietro e nelle piazze virtuali di tutto il mondo.

L’interesse suscitato dal papato di oggi non riguarda l’attesa di un universalismo del corpo mistico o di una salvezza dell’umanità.

Il cristianesimo, con la sua fede e autorità spirituale, offre una prospettiva che, anche in chiave laica, supera nazionalismi e protezionismi, vera necessità per fermare guerre, conflitti e inimicizie tra i popoli.

Di Admin

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