Giovanni De Ficchy
Uomo libero

Ho pensato…
Ho pensato a un termine per l’11 luglio
È arrivato un altro anniversario delle proteste popolari dell’11 luglio, un giorno che sarà per sempre una pietra miliare nella nostra storia. E lo chiamerei il giorno della verità.
È stato il giorno che ha rivelato la verità su ciò che queste persone vogliono, il giorno in cui le voci hanno gridato per un “cambio di sistema”, e “patria e vita” e “libertà” si sono udite ovunque.
Perché è una bugia che, come popolo, vogliamo continuare a vivere sotto un regime marxista-leninista; è una bugia che, come popolo, vogliamo prolungare questa cosiddetta “Rivoluzione” ed essere “continuità”.
È stato il giorno che ha rivelato il vero volto di coloro che detengono il potere politico su quest’isola, il giorno in cui è diventato chiaro che questa “Rivoluzione” non è “di tutti e per il bene di tutti”, non è per il popolo, ma contro il popolo.

È stato il giorno che ha dimostrato che chi detiene il potere non è lì per ascoltare e servire il popolo, ma per sottometterlo e usarlo come piattaforma per una vita che non conosce limiti, anche se il prezzo è la distruzione del Paese e delle persone di cui non si curano della realtà.
È stato il giorno che ha mostrato la sottomissione obbediente di coloro che erano capaci di reprimere e picchiare, di aggredire e imprigionare, persone che soffrono le stesse difficoltà di tutti gli altri, le stesse carenze e difficoltà quotidiane del resto della popolazione, ma che, invece di unirsi a coloro che gridavano libertà, hanno preferito essere la mano pesante di coloro a cui devono una vita miserabile, forse persino l’emigrazione dei propri figli, coloro che li fanno vivere nella paura e nella minaccia.
Così, il giorno si è trasformato in una macabra parodia di giustizia, un carnevale di brutalità dove la divisa diventava scudo per ogni nefandezza.
E mentre i manganelli si abbattevano sui corpi, mentre le grida di dolore si mescolavano al silenzio assordante della paura, in un angolo del mio cuore si faceva strada un’amara consapevolezza: la vera prigione non aveva sbarre di ferro, ma le pareti invisibili dell’opportunismo e della viltà.
La libertà calpestata, la dignità umiliata, la speranza soffocata sotto il peso di stivali lucidi e ordini impartiti da chi, in fondo, era prigioniero quanto noi, ma con la chiave dell’infamia ben stretta in pugno.

Fu il giorno che mostrò la fragilità psicologica di tanti giovani: quelli nell’esercito, quelli dei Camilitos, dei Berretti Rossi… a cui fu ordinato di colpire il loro stesso popolo, incapaci di assumere una posizione dignitosa e dire: “Non lo farò”.
.Quello fu il giorno in cui capimmo che la violenza, anche quella ordinata, non può mai essere una soluzione.
Che la vera forza sta nel rifiuto, nella disobbedienza civile, nella capacità di dire no quando si tratta di calpestare la dignità umana.
Un giorno che ci insegnò, a caro prezzo, che la divisa non può essere uno scudo per l’immoralità, che l’obbedienza cieca è il peggiore dei crimini e che la coscienza, alla fine, deve sempre prevalere.
Fu il giorno in cui molte persone si arresero alla paura e alle minacce, all’incertezza e alla pressione, all’eccessivo abuso di potere e alle dimostrazioni di controllo e forza da parte delle forze repressive.

Ma fu anche il giorno in cui moltissime persone si fecero avanti di fronte alla paura, il giorno in cui tanti alzarono la testa con eroica dignità e ripeterono in mille modi diversi il “Basta!” che li spinse a scendere in piazza.
Fu il giorno in cui molti si fecero carico del prezzo di dire la verità e di difendere la libertà per tutti, portando con sé in prigione la dignità di un intero popolo.

Ed è stato il giorno della speranza, il giorno che ci ha dimostrato che l’anima di questo popolo è ancora viva, che il desiderio di libertà non è stato sconfitto.
È stato il giorno che ha dimostrato al mondo che la propaganda idealista è stata una menzogna e che Cuba è una prigione, non un paradiso. È stato il giorno in cui queste persone hanno dimostrato di potersi unire e sollevarsi, il giorno che ci conferma che siamo capaci di trovare una via d’uscita.

“È stato il giorno in cui abbiamo visto i volti della libertà, la determinazione negli occhi di chi ha rischiato tutto per un sogno. Un sogno semplice: quello di poter vivere senza paura, senza menzogne, senza il peso di un regime che soffoca ogni aspirazione.
Quel giorno, le strade si sono riempite di speranza, una speranza che non si spegnerà, perché è alimentata dalla verità e dal coraggio di un popolo che non si arrende.
Quel giorno, Cuba ha parlato, e il mondo ha ascoltato.
