Ah, i tempi moderni!

Il panorama politico italiano è diventato un palcoscenico di travestimenti, dove i protagonisti sembrano più preoccupati di apparire che di agire.

E in questo affresco si stagliano le figure di Landini e Schlein, una accoppiata che non solo sta assistendo al disfacimento della sinistra italiana, ma sembra avvalersene come una sorta di arte performativa: applaudiamo, gente!

Inizia il nostro “eroe” sindacalista, Maurizio Landini, lo zar della Cgil.

Ah, Landini!

Con il suo bel baffetto e il suo sguardo penetrante, si propone di incarnare il riscatto dei lavoratori.

Ma quali lavoratori?

Perché mentre lui proclama scioperi generali a destra e a manca, e ci ricorda che la Premier è una “cortigiana” (frase che farebbe inorridire persino le cortigiane stesse), chi si occupa del lavoro nero, del precariato e delle morti quotidiane sui luoghi di lavoro?

La sua ricerca ossessiva di visibilità nei salotti buoni della politica ha ormai superato il limite della decenza.

Già, perché mentre Landini cerca palcoscenici, i lavoratori delle piccole aziende vengono travolti dalle multinazionali.

E che dire della triade Cgil-Cisl-Uil?

Un lontano ricordo.

Ad oggi, la CGIL pare una sirena accusiosa che canta melodie di pensionati, i cui interessi sembrano viaggiare su binari diversi da quelli di chi cerca di sopravvivere nel mercato del lavoro.

E indovinate un po’?

La dialettica interna è evaporata, si è dissolta come neve al sole.

Non c’è un’opposizione, non c’è nessuno che alzi la voce per criticare il “caudillo” segretario generale.

È un concerto di voci uniche, ma mai armoniose.

Passiamo alla nostra “regina” Elly Schlein, che appare parallela a Landini in questa danza macabra della sinistra.

La Schlein, con il suo lessico da manuale di politichese, sembra completamente ignara delle vere problematiche quotidiane degli italiani.

Sì, parliamo di fascismo e battaglie “woke” mentre i cittadini faticano a mettere insieme il pranzo con la cena.

La melodia che si sente è quella di un’opposizione che non esiste, di mugugni isolati ma mai unita. Una sinfonia che si perde nel vuoto dell’aria.

Che bello!

Schlein gira per l’Europa con tre passaporti (perché uno non basta mai, giusto?) urlando l’allerta sul fascismo prossimo venturo, mentre il resto del Paese cerca di capire come arrivare a fine mese.

Se solo potesse capire che il vero dramma non è il fascismo di Meloni, ma la disperazione di chi non sa se il pagamento di questo mese andrà a buon fine.

Ma no, per lei e Landini, l’importante è suonare il tamburo della denuncia, anche se quel tamburo risuona vuoto nella vita della gente comune.

Cosa resta nella mente degli elettori dopo tutto questo:urlare come matti contro Meloni?

No, quello che rimane è la semplice constatazione che la Meloni fa e loro parlano, parlano e parlano.

E qui ci viene in aiuto Oscar Wilde: “Parlatene bene, parlatene male, l’importante è che ne parliate”.

Una frase che questi due non hanno mai contemplato, perché, mentre si affannano a criticare la premier, il risultato è che costruiscono un mito attorno a lei.

Chi ascolta li percepisce come un rumore di fondo, una fastidiosa melodia che accompagna la possibilità di un governo stabile.

E così, mentre la sinistra si eclissa sempre di più nel suo dibattito sovrapposto – tra accuse di fascismo e rivendicazioni ideologiche che poco interessano il popolo – Giorgia Meloni si prepara a governare per altri trent’anni.

Quale miglior regalo di compleanno, vero?

Che sia questo un destino inevitabile o una scelta consapevole da parte degli elettori?

Certo, non mancano le ragioni per criticarla, ma in un contesto in cui le voci alternative sono silenziate, c’è poco da sperare.

Quindi, avanti così! Schlein e Landini continuano la loro operetta, mentre il popolo italiano annaspa in un mare di contraddizioni e incertezze.

La sinistra, con la sua mancanza di visione e la sua incapacità di sintonizzarsi con le reali esigenze dei cittadini, è condannata a essere il miglior alleato di Meloni.

Anziché sfidarla, si consacrano come il suo miglior supporto, permettendo alla destra di crescere e prosperare in un contesto di apprendistato inefficace.

E così, cari lettori, prepariamoci a un altro ciclo di governo Meloni, all’insegna di un’assenza di opposizione seria e di una sinistra incapace di evolversi.

Già pregustiamo come sarà emozionante vedere la sinistra italiana ridotta a ruoli da comparsa in un’epopea che, guarda caso, continua a scrivere il suo stesso epilogo.

Di Admin

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