
Nel panorama politico regionale del Lazio emerge con forza l’iniziativa del segretario organizzativo della Lega Lazio, Mario Abbruzzese, sulla questione della Zona Economica Speciale (ZES) per il nostro territorio. Non si tratta di mere promesse, ma di proposte concrete che puntano a dare centralità alle province interne e ai territori che troppo spesso restano esclusi dai grandi processi di sviluppo. Come Abbruzzese stesso ha dichiarato: «La ZES nel Lazio? Non è un regalo, ma una condizione da ottenere». La proposta della Lega si fonda su una premessa semplice ma potente: il Lazio, con le sue infrastrutture, le sue aziende, il suo comparto produttivo, ha tutte le carte in regola per attrarre investimenti, innovazione e occupazione. Tuttavia, è proprio su questa potenzialità che finora è mancata la volontà politica e la strategia di sviluppo coerente. Abbruzzese non lascia spazio ai fraintendimenti: la ZES non è uno strumento di facciata, bensì una leva reale per rilanciare aree come la Ciociaria, il sud pontino e le province spesso dimenticate. Tra le proposte esclusive che il segretario organizzativo propone vi è innanzitutto l’apertura di un dialogo serrato con il Governo centrale e con il ministero competente affinché il Lazio venga effettivamente riconosciuto nell’ambito della ZES entro tempi certi, con l’obiettivo realistico del primo semestre del 2027. In secondo luogo, Abbruzzese insiste sulla necessità che il modello ZES nel Lazio non sia pensato solo per grandi città o aree metropolitane, bensì che le province-interiorità vengano considerate come zone strategiche per attrarre imprese e creare posti di lavoro. E ancora: priorità a snellire procedure, agevolare la logistica e creare infrastrutture che possano, finalmente, dare ossigeno a territori troppo a lungo ignorati. Questo approccio merita complimenti per diverse ragioni. In primo luogo, per la chiarezza e la concretezza. Abbruzzese evita slogan, e insiste su parole-chiave come “condizione”, “attuazione” e “realismo”. In secondo luogo, per la visione territoriale inclusiva, che dà dignità a luoghi spesso considerati marginali e li pone al centro del progetto regionale. In terzo luogo, per il coraggio politico: richiedere, rivendicare e costruire una ZES non come regalo, ma come dovere di sviluppo è una scelta che va nella direzione della responsabilità, e dell’azione. Da questo progetto emergono alcune sfide che però possono essere interpretate come opportunità, se affrontate con rigore con la prima c’è la coesione istituzionale e politica. Peraltro, Abbruzzese richiama alla necessità di un fronte unitario di centro-destra, perché senza un lavoro di squadra le difficoltà resterebbero insormontabili. La seconda è che la ZES sia operativa, non solo annunciata con cantieri, fondi, infrastrutture ed imprese che assumono, infatti sono questi gli indicatori veri del successo. La terza è che il territorio sia davvero protagonista con i Sindaci, gli amministratori locali, le imprese e i cittadini devono essere parte attiva del processo. Per il Lazio può aprirsi un nuovo capitolo con una regione che non lascia indietro le sue Province, che non sacrifica lo sviluppo al rito degli annunci, che mette al centro la competitività, la vocazione produttiva e la coesione territoriale. In questo contesto, l’iniziativa di Mario Abbruzzese e della Lega appare come un richiamo serio e positivo ad attivarsi, a costruire, e a cambiare passo. Se la ZES diventerà realtà, sarà grazie all’impegno di chi ci crede davvero e lavora per ottenerla. In definitiva, è tempo che il Lazio diventi protagonista del proprio domani e non spettatore. Grazie a una proposta autoriale come questa, il territorio ha davanti a sé una possibilità concreta. È bene accoglierla con fiducia, partecipazione e vigore, perché lo sviluppo non è un privilegio, ma un diritto.