De Ficchy Giovanni
Giornalista e Criminologo

Secondo gli inquirenti, Sempio avrebbe appoggiato la mano sulla parete all’altezza della scala, imprimendo l’impronta “33” nel punto in cui giaceva il corpo di Chiara Poggi.
L’accusa si basa su una perizia dattiloscopica che ha analizzato le impronte rinvenute sulla scena del crimine. La difesa, dal canto suo, contesta la validità di tale prova, sostenendo che l’impronta potrebbe essere stata lasciata in un momento diverso dall’omicidio o da altre persone.
Questo scrivono i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano nella relazione alla base della nuova inchiesta, che vede Sempio indagato per l’omicidio del 13 agosto 2007, in concorso con altre persone.
Il processo è in corso e si attende la sentenza per stabilire la verità sui fatti.
Per i P.M. sarebbe questa la dinamica e la valutazione di quell’impronta, che si collocherebbe nelle fasi del delitto di Garlasco, visto che «è logico-fattuale che l’impronta sulla parete delle scale appartenga all’assassino»
Ora questa ricostruzione dell’accusa, delineata a seguito della consulenza tecnica che ha attribuito con 15 minuzie la compatibilità dell’impronta con il palmo della mano destra di Sempio, dovrà passare al vaglio degli accertamenti tecnici di ricostruzione completa della scena del crimine, tra i quali anche le analisi per le tracce ematiche sul campione di intonaco grattato dalla parete.
Si attendono dunque sviluppi significativi nelle prossime settimane, con l’obiettivo di chiarire definitivamente il ruolo di Sempio e di accertare la sua eventuale presenza sul luogo del delitto.
La difesa, dal canto suo, continua a sostenere l’innocenza del proprio assistito, puntando a smontare la validità della perizia tecnica e contestando la ricostruzione dei fatti operata dagli inquirenti.
La vicenda, intricata e complessa, rimane quindi avvolta nel mistero, in attesa di ulteriori elementi che possano fare luce sulla dinamica dell’omicidio e sull’identità del responsabile.

Secondo gli investigatori, l’impronta papillare “33” era già ritenuta all’epoca quella del killer, in base alle analisi e all’assenza di tracce di sangue. Poteva essere stata lasciata appoggiando la mano dalla cima delle scale o scendendo al massimo un gradino.
“Ma l’importanza di quell’elemento è stata rivalutata solo di recente, grazie alle nuove tecnologie e a una perizia più approfondita.
Si è capito che quella traccia, pur non essendo intrisa di sangue, era comunque fondamentale per ricostruire la dinamica dell’omicidio.
L’assassino, con ogni probabilità, si era appoggiato lì per controllare la situazione o per orientarsi nel buio, lasciando un’impronta che, all’epoca, non era stata considerata determinante.”
Si attendono quindi a breve, sviluppi significativi nelle prossime settimane, con l’obiettivo di cristallizzare un quadro probatorio solido e inequivocabile.
I pm hanno disposto una nuova consulenza pure sull’impronta della scarpa che, per la difesa di Stasi, potrebbe essere anche di un 44.
Gli inquirenti lavorano infine a una rilettura di tutte le orme lasciate sulla scena del crimi.
La difesa, dal canto suo, continua a contestare la validità delle prove raccolte, preannunciando battaglia sul fronte delle perizie e della loro interpretazione.
Resta alta la tensione attorno a un caso che ha scosso l’opinione pubblica e che si avvia verso una fase cruciale del suo iter giudiziario.